Patriarca russo Kirill chiede il divieto di aborto. E scoppia la polemica

Patriarca russo Kirill chiede il divieto di aborto. E scoppia la polemica
28 settembre 2016

Torna d’attualità l’aborto a Mosca, dopo che il Patriarca russo Kirill ha chiesto di vietare le interruzioni di gravidanza praticate nel Paese e di riconoscere lo status di “essere umano” all’embrione. Il testo firmato dal capo della Chiesa parla di “umiliazione della dignità umana e uccisione dei bambini, nelle prime fasi dello sviluppo embrionale” e suggerisce anche di fornire assistenza finanziaria dal bilancio federale alle donne incinte e le famiglie numerose. Il tutto mentre il calo demografico non rappresenta più un allarme come in passato, benché l’età media delle neomamme russe sia salita. La questione demografica si interseca comunque sempre con quella ideologica, benchè il fronte religioso a Mosca non si presenti così compatto. Sul polverone, sollevato dalla Chiesa ortodossa, ha soffiato anche il rabbino capo di Russia Berel Lazar. La situazione attuale nella Federazione Russa sull’aborto è inaccettabile, ma le restrizioni non risolvono il problema, ha detto. “La situazione attuale, con quasi una su tre gravidanze finita con l’aborto, è totalmente sbagliata”, ha detto il rabbino. “Ma i divieti non risolvono il problema” ha aggiunto, sottolinendo che fedeli e non “saranno tentati di aggirare il divieto. O anche, Dio non voglia, giusto per dispetto”. Il governo russo è intervenuto sulla questione solo dopo 24 ore: la decisione dell’aborto dovrebbe essere equilibrata, ragionevole e non deve portare a gravi conseguenze, ha detto il primo vice ministro Olga Golodets durante il question time al Consiglio della Federazione, il Senato russo.

“Naturalmente, la riduzione del numero di aborti è un vantaggio enorme per i nostri dati demografici, ma questa decisione deve essere equilibrata, ragionevole, e non dovrebbe causare conseguenze gravi”, ha detto Golodets, rispondendo alla domanda dei senatori su un’eventuale iniziativa per vietare l’aborto. Peraltro secondo Golodets, rispetto allo scorso anno, il numero di aborti è sceso di quasi 100 mila, ma allo stesso tempo sui 1,9 milioni di nascite ci sono 700 mila interruzioni di gravidanza consapevoli. E gli indicatori dicono che la stagnazione dell’economia russa non ha colpito la situazione demografica del Paese: nonostante la crisi, la famiglia continua ad avere figli, secondo l’ultimo monitoraggio dello sviluppo socio-economico e il benessere umano. Per l’ente statistico Rosstat, il tasso di natalità è stato superiore dell’1,6% nella prima metà del 2016 rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Questi bambini sono stati concepiti nel secondo e terzo trimestre del 2015, quando la stagnazione economica “si era già fatta sentire”, secondo gli autori dello studio dell’Istituto per l’analisi sociale. La politica comunque sembra volta a un maggiore controllo sul tema nuovi nati e anche sugli usi e la sessualità della popolazione russa.

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La senatrice Elena Mizulina, nota come legislatore fortemente conservatore sui temi della famiglia, sta lavorando a un disegno di legge che prevede il divieto di “attività finalizzate all’organizzazione dell’abbandono anonimo dei bambini, compresa la creazione e il mantenimento di siti specializzati per l’abbandono anonimo” in Russia, ossia i cosidetti baby box, in genere allestiti presso istituzioni mediche. Intanto il 14 settembre l’autorità di vigilanza russa ha dato anche un giro di vite sulla pornografia online: i più noti siti per adulti Pornhub e YouPorn sono stati inseriti nel Registro vietato della Federazione russa. Secondo la decisione del tribunale questi siti violano “il divieto di diffusione e circolazione di materiale pornografico”. La questione ha avuto anche un seguito social: l’amministrazione di Pornhub ha lanciato un appello sul suo profilo Twitter alla autorità di vigilanza russa con una domanda: “Se, ragazzi, vi diamo un account premium, voi continuate a vietarci in Russia?”. Il Roskomnadzor da Twitter ha risposto fermamente: “Mi dispiace, non siamo sul mercato e i dati demografici non sono una merce”.

 

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