Salario minimo, proposta Renzi non convince

Salario minimo, proposta Renzi non convince
15 gennaio 2018

Fissare per legge il salario minimo è un modo per programmare la riduzione strutturale delle retribuzioni, depotenziare il contratto nazionale e ridimensionare il ruolo delle parti sociali? E’ quello che temono i sindacati, piuttosto freddi rispetto alle ipotesi che stanno circolando in campagna elettorale. Il dibattito sul salario minimo legale, alimentato nei mesi successivi all’introduzione del Jobs act, ha trovato nuova linfa con la proposta avanzata dal segretario del Pd, Matteo Renzi, che prevede di fissare una soglia minima tra i 9 e i 10 euro l’ora. Riguarderebbe il 14-15% dei lavoratori non coperti da contratto nazionale di riferimento (che rappresentano l’85-86%) e per i quali non esistono minimi tabellari. La proposta è però considerata dai giuslavoristi troppo generosa, in quanto corrisponderebbe a circa l`80% della retribuzione mediana (una percentuale simile c’è solo in Costarica e Colombia, mentre negli altri Paesi è poco più del 50%). Il rischio, sostengono i contrari alla soglia tra i 9 e i 10 euro l’ora indicata da Renzi, è che alla fine le imprese ricorrano ai licenziamenti o preferiscano pagare in nero i propri dipendenti anche a causa di un costo del lavoro molto alto.

Le parti sociali preferiscono invece che siano i contratti a stabilire i minimi, magari in un quadro di rinnovate relazioni industriali e con un nuovo modello contrattuale su cui Confindustria e Cgil, Cisl e Uil cercheranno di giungere a un accordo nelle prossime settimane, dopo che le confederazioni sindacali hanno siglato intese con altre associazioni datoriali. Dai dati del Cnel, in Italia ci sono 868 contatti nazionali. Quelli regolari sono però solo 300. I restanti sono considerati pirata, sono cioè contratti al ribasso firmati da sigle non rappresentative e che presentano condizioni peggiorative per i lavoratori. In Europa sono 22 i Paesi ad avere un salario minimo mentre sei non lo hanno (fonte Eurostat, luglio 2017). Si tratta di Italia, Danimarca, Cipro, Austria, Finlandia e Svezia. Laddove invece esiste si va dal massimo dei 1.998,6 euro mensili del Lussemburgo al minimo dei 235,2 della Bulgaria. Nella classifica Eurostat, dopo il Lussemburgo si trovano sopra i 1.000 euro Irlanda (1.563,3 euro), Belgio (1.562,6), Germania (1.498) e Francia (1.480). Nella fascia 500-1.000 euro c’è un gruppo di Paesi formato da Spagna (825,7), Slovenia (805), Malta (735,6), Grecia (683,8) e Portogallo (649,8). Sotto i 500 euro ci sono infine Polonia (473,3), Estonia (470), Croazia (442,1), Slovacchia (435), Repubblica Ceca (419,9), Ungheria (412,7), Lituania e Lettonia (380), Romania 8318,5) e Bulgaria (235,2).

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