“Bomba invecchiamento” è pronta a esplodere

“Bomba invecchiamento” è pronta a esplodere
21 ottobre 2020

La popolazione italiana, in continua crescita negli ultimi cento anni, oggi diminuisce, e al contempo invecchia, più velocemente che mai: nel 2050 saremo due milioni e mezzo in meno, come se la città di Roma sparisse dalla Penisola. Ma il dato ancor più rilevante è che gli over65, oggi un quarto della popolazione, diventeranno più di un terzo, vale a dire 20 milioni di persone, di cui oltre 4 milioni avranno più di 85 anni.

La “bomba dell`invecchiamento”, pronta a esplodere già dal 2030 se non adeguatamente gestita, innescherà tra l`altro un circolo vizioso: l`aumento della vita media causerà l`incremento di condizioni patologiche che richiedono cure a lungo termine e un`impennata del numero di persone non autosufficienti, esposte al rischio di solitudine e di emarginazione sociale; così crescerà inesorabilmente anche la spesa per la cura e l`assistenza a lungo termine degli anziani, ma anche quella previdenziale, mentre diminuirà la forza produttiva del Paese e non ci saranno abbastanza giovani per prendersi cura dei nostri vecchi. Infatti, oggi tre lavoratori hanno sulle spalle un anziano, domani saranno solo in due a sostenerlo.

Questi sono solo alcuni dei dati emersi dalle proiezioni sociodemografiche e sanitario-assistenziali al 2030 e al 2050 elaborate dall`ISTAT per Italia Longeva – Rete nazionale sull`invecchiamento e la longevità attiva. “I dati presentati si riferiscono a semplici proiezioni della situazione attuale – avverte il presidente dell`ISTAT, Giorgio Alleva – e pur non trascurando un rilevante margine di incertezza, non vi è dubbio che il quadro prospettico sollevi una questione di sostenibilità strutturale per l`intero Paese”. Nei prossimi dieci anni 8 milioni di anziani avranno almeno una malattia cronica grave: ipertensione, diabete, demenza, malattie cardiovascolari e respiratorie.  Il potenziamento dell`assistenza domiciliare e della residenzialità fondata sulla rete territoriale di presidi sociosanitari e socioassistenziali, ad oggi ancora un privilegio per pochi, con forti disomogeneità a livello regionale, non è più procrastinabile anche in funzione di equilibri sociali destinati a scomparire, con la progressiva riduzione di persone giovani all`interno dei nuclei familiari.

Se oggi ci sono 35 anziani ogni 100 persone in età lavorativa, nel 2050 ce ne saranno quasi il doppio: 63. Questo nuovo quadro impone delle risposte anche da parte del legislatore, per ciò che attiene una rimodulazione dei diritti delle famiglie con persone disabili. “Nei prossimi 50 anni – afferma il prof. Tito Boeri, presidente dell`INPS – le generazioni maggiormente a rischio di non autosufficienza passeranno da un quinto a un terzo della popolazione italiana. Non è pensabile rispondere a una domanda crescente di assistenza di lungo periodo basandosi pressoché interamente sul contributo delle famiglie. Ci vogliono politiche di riconciliazione fra lavoro e responsabilità famigliari che modulino gli aiuti in base allo stato di bisogno, ad esempio sembra opportuno rimodulare i permessi della L. 104/92 in base al bisogno effettivo di assistenza”.

Al Nord, un over65 ha il triplo delle possibilità di essere ospitato in una residenza sanitaria assistenziale rispetto a un cittadino del Sud, e ha a disposizione circa il quintuplo di assistenza domiciliare, in termini di ore e di servizi. Ma i dati poco incoraggianti sulla disponibilità di posti letto nelle strutture sociosanitarie pubbliche e private, e sul numero di ore dedicate alle cure domiciliari, mostrano un`offerta disomogenea nelle varie regioni, con un divario che va oltre le disuguaglianze Nord-Sud.

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