Scala mobile, storico accordo di S.Valentino sull’inflazione

14 febbraio 2014

Trent’anni fu siglato il famoso accordo entrato nella storia sindacale come ”accordo di San Valentino”. Fu sottoscritto con il governo Craxi soltanto da Uil e Cisl. La decisione di tagliare di 4 punti la contingenza creo’ una spaccatura sindacale, con la Cgil, allora guidata da Luciano Lama, che non firmo’ l’intesa. La stessa Cgil si spacco’ al suo interno, tra maggioranza comunista e la componente socialista di Ottaviano Del Turco. Lo scontro fu anche politico, con l’ allora segretario del Pci Enrico Berlinguer che si oppose in tutti i modi all’accordo. In sostanza, la trattativa che vide la fine nel giorno di San Valentino ruoto’ intorno all’adozione del meccanismo proposto da Ezio Tarantelli che faceva leva sulla rideterminazione dei punti di scala mobile per favorire la discesa dell’inflazione. Dopo un lungo negoziato si arrivo’ ad un protocollo in cui il governo prometteva il blocco di prezzi e tariffe per 2 mesi, la sospensione degli scatti dell’equo canone per tutto il 1984 e la restituzione del fiscal drag dall’anno successivo. A fronte di cio’ si richiedeva appunto il taglio di alcuni punti di scala mobile. Ma tra le sigle sindacali non ci fu accordo ed il governo allora’ varo’ un decreto in cui stabiliva, unilateralmente, il taglio di 4 punti di contingenza. La conseguenza fu la fine della federazione unitaria, con l’approdo al referendum del 9 giugno del 1985 in cui vinsero i ”no” all’abolizione dell’accordo con il 54,3%. L’inizio degli anni ’90 segno’ quindi l’avvio della pratica concertativa, prima con le intese del luglio ’92 e poi con l’altrettanto storico accordo del luglio ’93, che corresponsabilizzo’ parti sociali e governo, allora presieduto da Carlo Azelio Ciampi, nel controllo dell’inflazione e della spesa pubblica, e amplio’ gli spazi di contrattazione salariale con l’eliminazione della scala mobile. Nell’accordo del luglio ’93 la concertazione venne assunta a metodo. Tra i primi effetti dell’accordo, la riduzione di un punto del tasso di sconto (dal 10 al 9%) da parte della Banca d’Italia. (Asca)

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