Sciiti celebrano al Arbaeen, 13 milioni di musulmani in pellegrinaggio in Iraq

Sciiti celebrano al Arbaeen, 13 milioni di musulmani in pellegrinaggio in Iraq
10 novembre 2017

Da stasera, 13 milioni di musulmani di confessione sciita celebrano “al Arbaeen” nella città santa di Kerbala nel Centro-sud dell’Iraq: si tratta di uno dei più grandi raduni religiosi del mondo intero. Arbaeen in lingua araba è il numero 40 e sta ad indicare la fine di 40 giorni di lutto per il martirio dell’imam Hussein bin Ali, nipote del profeta Maometto assassinato nel 680 durante la battaglia di Kerbala, per mano di Yazid, a comando delle truppe inviate da Damasco, allora capitale del Califfato Omayyade. Il numero segna anche il ritorno a Kerbala dei parenti dell’imam Hussein, detenuti per 40 giorni a Damasco. La leggenda sciita racconta che una volta a Kerbala, i soldati, dopo aver ucciso il nipote del Profeta per decapitazione, hanno portato la sua testa sulla punta di una lancia presentandola come un trofeo al loro comandante Yazid, nome diventato da allora ricettacolo del rancore degli sciiti di tutto il mondo nei confronti dei loro rivali della maggioranza sciita. Adesso il corpo di Hussein, elevato a santo, sta un grande mausoleo con la cupola dorata nel pieno centro di Kerbala a un centinaio di metri dall’altro grande mausoleo di suo fratello Abbas. La tradizione vuole che i fedeli sciiti, vestiti in nero e sventolanti bandiere nere e anche verdi alla gloria della loro confessione. In questa occasione, che si ripete ogni anno, le oceaniche folle di pellegrini, da tutto il Paese intraprendono una marcia a piedi per raggiungere la città santa che si trova a circa 80 chilometri a sud-ovest di Baghdad. In segno di lutto, i fedeli si battono – anche con violenza – il petto con la mano; altri si autoflagellano con catene, altri ancora si coprono il volto con la cenere: gesti che vengono eseguiti anche durante la ricorrenza di Ashura, il giorno del martirio dell’Imam Hussein, in una sorta di espiazione di colpa per non avere, i sciiti, difeso l’imam durante la battaglia di Kerbala.

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L’anno scorso, secondo le autorità irachene, tra 17 e 20 milioni di persone hanno partecipato al pellegrinaggio. Tra questi, tre milioni di stranieri, la maggior parte dei quali di nazionalità iraniana. Per quest’anno, sono attesi più di 13 milioni, tra i quali più di 2 milioni iraniani, 30.000 afghani e 500.000 pellegrini provenienti da paesi arabi, in particolare il Golfo e il Libano, come ha dichiarato alla France Presse il governatore di Karbala, Aqil Tourihi. “Sono stati rilasciati 2,22 milioni di visti” agli iraniani, secondo Chahriar Heydari, portavoce del comitato iraniano che ha organizzato questo pellegrinaggio. Circa 35.000 soldati e agenti di sicurezza sono stati dispiegat dalla polizia, così come 4.000 combattenti di al-Chaabi Hachd, coalizione paramilitare formata nel 2014 dopo una Fatwa (Editto) per difendersi dall’Isis emessa dalla più alta autorità sciita del Paese e del mondo, il Grande Ayatollah Ali al-Sistani. I veicoli passano attraverso rivelatori di esplosivi e ogni pellegrino viene ispezionato al suo arrivo, come ha detto a Afp il portavoce della polizia il colonnello Alaa al-Ghanmi. Come ogni anno, durante il raduno, le misure di sicurezza sono eccezionali per il timore di attacchi da parte di gruppi sunniti radicali come lo Stato islamico (Isis) che regolarmente si rivolge contro gli sciiti. L’anno scorso, molti gruppi di pellegrini, principalmente iraniani di ritorno da Kerbala, sono stati presi di mira dall’Isis, che con la perdita della sua ultima roccaforte al Qaiam vicino al confine siriano, è stato praticamente cacciato dall’Iraq.

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