Sequestro da 150 milioni, Ciancio lascia la direzione de ‘La Sicilia’

Sequestro da 150 milioni, Ciancio lascia la direzione de ‘La Sicilia’
Mario Ciancio Sanfilippo
24 settembre 2018

Dopo il sequestro e la confisca dei suoi beni l’imprenditore e editore Mario Ciancio Sanfilippo, 86 anni, imputato in un processo a Catania per concorso esterno alla mafia, si e’ dimesso dalla direzione de ”La Sicilia”. Lascia l’incarico di condirettore anche il figlio Domenico. Il giornale da domani sara’ firmato da Antonello Piraneo, nominato direttore responsabile dall’assemblea dei soci della Domenico Sanfilippo Editore.

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”Lascio oggi con amarezza la direzione di questo giornale da me assunta, con passione, entusiasmo e spirito di servizio, nel lontano 1967 – dice l’editore – Lascio perche’ penso che oggi un mio passo indietro, seppur doloroso, rappresenti una scelta che possa aiutare me ad essere piu’ libero rispetto alla prova che mi tocca affrontare e perche’ cio’ puo’ contribuire ad evitare che restino eventuali dubbi nei miei 400.000 lettori, nei giornalisti, nei tipografi e nei collaboratori. Ma lascio a fronte alta, perche’ non ho commesso alcuno dei reati di cui sono accusato. E lo dimostrero”’. La notizia delle dimissioni e’ stata data durante un’assemblea di redazione convocata dopo il decreto del tribunale, richiesto della Dda ed eseguito dai carabinieri del Ros e del comando catanese, che ordina il sequestro e la confisca dei beni di Ciancio Sanfilippo.

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Il valore del patrimonio e’ ancora da valutare complessivamente, per il procuratore Carmelo Zuccaro non e’ inferiore a 150 milioni di euro. Tra i beni sequestrati vi sono il quotidiano ‘La Sicilia’, la maggioranza delle quote della ‘Gazzetta del Mezzogiorno’ di Bari e due emittenti televisive regionali, ‘Antenna Sicilia’ e ‘Telecolor’, la societa’ che stampa quotidiani Etis e la Simeto docks concessionaria di pubblicita’ e affissioni. Il Tribunale ha nominato amministratori giudiziari Angelo Bonomo e Luciano Modica per garantire la continuazione dell’attivita’ del gruppo. Nel complesso sono stati sequestrati conti correnti, polizze assicurative, 31 societa’ e quote di partecipazione di altre 7 societa’. Ciancio Sanfilippo, che e’ stato presidente della Federazione italiana editori giornali, e’ socio dell’ANSA, ribatte che i suoi avvocati ”sono gia’ al lavoro per predisporre l’impugnazione in Corte di Appello”.

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”Ritenevo di avere dimostrato – spiega – attraverso i miei tecnici e i miei avvocati, che non ho mai avuto alcun tipo di rapporto con ambienti mafiosi e che il mio patrimonio e’ frutto soltanto del lavoro di chi mi ha preceduto e di chi ha collaborato con me. Ritengo che le motivazioni addotte dal Tribunale siano facilmente superabili da argomenti importanti di segno diametralmente opposto, di cui il collegio non ha tenuto conto”. La vicenda giudiziaria che riguarda l’editore e’ travagliata e comincia nel 2010 con l’apertura dell’indagine nei suoi confronti. Poi la richiesta di archiviazione da parte della procura e l’ordine del gup per nuove indagini nel 2012. Nel 2015 un altro giudice decide il non luogo a procedere. La procura ricorre in Cassazione e la Suprema corte annulla con rinvio il proscioglimento: si arriva cosi’ al rinvio a giudizio nel giugno 2016 per concorso esterno alla mafia e quindi all’inizio del processo nel marzo scorso.

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In questo contesto s’inserisce poi il sequestro di beni per circa 17 milioni nel giugno 2015. Preoccupazione per le testate sequestrate viene espressa dalla Fnsi e dalle associazioni della stampa di Sicilia, Puglia e Basilicata. Il sindacato dei giornalisti evidenzia ”il rischio che tale provvedimento possa mettere a repentaglio la sopravvivenza di aziende editoriali che rappresentano un patrimonio per l’informazione nel Mezzogiorno”. Il ministro per il Sud Barbara Lezzi, parla di ”brutta notizia per l’informazione” e si dice vicina ”ai lavoratori delle testate”. Claudio Fava, presidente della commissione regionale antimafia dice: ”Se vi sara’ confisca, si affidi la testata ai giornalisti siciliani che in questi anni hanno cercato e raccontato le verita’ sulle collusioni e le protezioni del potere mafioso al prezzo della propria emarginazione professionale, del rischio, della solitudine”.

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