Sgomberato immobile, rifugiati protestano. Tensione a Roma, volontari preoccupati

23 agosto 2017

Momenti di tensione in piazza Indipendenza, a Roma, tra i rifugiati accampati da quattro giorni dopo lo sgombero dell’immobile in via Curtatone e le donne schierate al centro della piazza, a fronteggiare le forze dell’ordine in tenuta antisommossa, per resistere all’ordine di allontanamento. Dal primo piano dello stabile, dove sono ancora ospitate le famiglie con bambini piccoli, sono stati lanciati rifiuti a difesa del presidio in piazza e sono comparse sui davanzali alcune bombole del gas. La situazione si è successivamente tranquillizzata, ed ora i rifugiati, con i volontari che li assistono, attendono l’esito dell’incontro in Prefettura convocato per affrontare il caso. Dunque, nuovo sgombero per i rifugiati accampati in Piazza Indipendenza. Dopo il completamento, annunciato ieri sera dal Campidoglio, del censimento delle fragilità presenti tra le persone rimaste nei pressi dell’edificio, e la quarta notte passata all’aperto, questa mattina le forze dell’ordine hanno annunciato alle persone ancora presenti che devono lasciare definitivamente la piazza. Per la maggior parte di loro, però, un’assistenza abitativa consona sarebbe obbligatorio assicurarla, considerato lo status di rifugiato che la maggior parte di essi, pur non in condizione di fragilità, hanno riconosciuto. E anche il Comune ha dichiarato con una nota in serata che molte delle soluzioni proposte non sono state ritenute accettabili dalle persone perché, come spiegato nei giorni scorsi dai volontari, prevedono lo smembramento delle famiglie e dei nuclei parentali, non avendo la Capitale posti sufficienti ne’ strutture idonee ad accogliere le famiglie.

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Sorpresi e attoniti i volontari che stano arrivando sul posto alla spicciolata – da quelli del Centreo Astalli alle Ong come Intersos e Msf, Amnesty international e Baobab experience – per l’improvvisa svolta della vicenda, considerato che anche per chi potrebbe trovare soluzione adatta alle proprie problematiche, l’attivazione degli interventi al momento non è ancora disponibile. “La maggior parte delle persone in strada – spiega ad Askanews Sonia Manzi, di Baobab experience – sono rifugiati riconosciuti, quindi fuori dal circuito Sprar e in emergenza abitativa. Non è vero che rifiutano di essere assistiti, ma la città e lo Stato non hanno soluzioni su misura dei loro diritti, pure sulla carta da garantire”. Nello stabile, continua Manzi “si era intervenuto per costruire intorno alle 800 persone ospitate legami di integrazione, come quella scolastica per i più piccoli, l’assistenza sanitaria per disabili e cronici, piccoli lavori. Se l’unica proposta è il trasferimento, addirittura fuori provincia, come sembra aver offerto la proprietà dell’immobile, tutto questo rischia di saltare con le poche sicurezze sulle quali queste persone oggi contano. Non è un privato a dover trovare una scappatoia, né i rifugiati a doversi adattare: sono le istituzioni nazionali e locali che mancano al loro dovere di degna accoglienza”, conclude.

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