Sicilia, una nave che non salpa

12 gennaio 2016

di Gaetano Mineo

La nave Sicilia è ben ancorata a una politica irresponsabile che negli ultimi anni non le ha consentito di fare neanche un miglio verso quel tanto auspicato sviluppo. E, al di là di qualsiasi decimale prodotto dai grandi economisti, in fondo al tunnel non c’è traccia di luce. Non c’è traccia di una politica che progetta, che apra cantieri da Trapani a Pachino. Non c’è traccia di benessere che dovevano portare i miliardi erogati da Bruxelles, soldi spesi, spesso, in mille rivoli e non si sa come. Non c’è traccia di un piano rifiuti organico che metta fine alle schizofrenie territoriali e della politica. Non c’è neanche traccia di quella fantomatica ‘rivoluzione’ annunciata con megafono in mano dal governatore Crocetta. Si registra soltanto un governo intrappolato, sin dalla proclamazione dello stesso presidente della Regione, da beghe che hanno animato una maggioranza che a tuttora non ha una chiara identità, e che ha come maggiore azionista il Partito Democratico. A Palazzo d’Orléans, più che tornelli occorrerebbe una porta girevole, dato il numero di assessori che si sono susseguiti. Esponenti di governo spesso senza un’adeguata esperienza politica e soprattutto amministrativa. Indispensabili requisiti per fare molto e non produrre nulla. Oggi, però, un dato è certo, dopo tre anni di legislatura, il Partito Democratico ha raggiunto il suo obiettivo, avere le chiavi di Palazzo d’Orléans. Basti pensare che tra le varie poltrone, il Pd ha tre assessorati (Sanità, Agricoltura, Formazione) che assieme valgono più dell’80% del bilancio della Regione. Una buona base di lancio per ben arrivare alle Regionali del 2017. E’ l’opposizione? C’è ancora chi ci crede. Nello Musumeci dal pulpito di Sala d’Ercole fa quel che può. Forza Italia a volte gli dà una mano. Mentre, l’altro pezzo di opposizione, Ncd, sembra aver varcato il Rubicone, avendo oramai assunto un’identità filogovernativa. A fare opposizione ci sono anche i Cinquestelle che, di certo, non hanno più la linfa rivoluzionaria del 2012. Anche loro si sono ben inseriti nel sistema politico amministrativo dell’Isola. E per i siciliani? Vedremo, qualcosa la politica un giorno o l’altro riuscirà a fare. Sul fronte legislativo lo scenario non è certo migliore. D’altronde, c’è da dire che con l’elezione diretta del governatore, il ‘peso’ politico del parlamento più antico del mondo s’è indebolito anno dopo anno, il che vuol dire che senza fumata bianca da Palazzo d’Orléans non si muove foglia. Poco importa se a mettere carta sul fuoco sia la politica o la burocrazia che conta. In questi ultimi mesi, Sala d’Ercole, costellata da ben dodici gruppi parlamentari, è stata teatro di una Finanziaria dove non c’è traccia per la crescita e, come accade puntualmente ogni anno, non ha avuto il via libera, dando vita a un esercizio provvisorio fino a febbraio indispensabile per pagare utenze e dipendenti. Da oltre un mese all’Ars, in modo particolare, si discute dell’ospedale Piemonte di Messina e di Riscossione Sicilia. Non c’è più traccia, per dirne una, della riforma delle Province, in materia si parla soltanto di nomine e rinnovi dei commissari. Non c’è più traccia delle tante riforme strillate dal governo in questi anni. E potremmo andare avanti. Insomma, i siciliani si rassegnino, questo è lo scenario. E se pensiamo che questi ultimi ventuno mesi di legislatura serviranno maggiormente ai partiti per spianare la strada per le prossime Regionali, non ci resta che sperare a un miracolo.

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