Sindaci al governo? Molti sono indagati

6 giugno 2014

Giorgio Orsoni , il primo cittadino di Venezia arrestato nell’ambito dell’inchiesta sul Mose, è solo l’ultimo di una lunga lista di sindaci targati Pd alle prese con delicate vicende giudiziarie che vanno dalla mafia alla truffa, dall’abuso d’ufficio alla turbativa d’asta, dalla concussione alla corruzione. Reati che sarebbero stati commessi dal Nord al Sud dell’Italia, regioni “rosse” comprese. Avvisi di garanzia, arresti e rinvii a giudizio che, fatte doverosamente salve le dovute “garanzie” di fronte a ogni ipotesi accusatoria, non possono non segnare il destino di quello stesso partito che per decenni si è autodipinto come moralmente superiore.

Il primo esempio è quello di Luigi Ralenti . Era sindaco di Serramazzoni, comune di 8mila abitanti in provincia di Modena quando, nel giugno di tre anni fa, viene raggiunto da un avviso di garanzia per corruzione e turbativa d’asta relativi alla concessione di lavori edilizi. Dopo un’indagine durata due anni, arriva il rinvio a giudizio insieme ad altri nove imputati. Rimarrà in carica fino alla fine del mandato. A Sestola, ancora in provincia di Modena, Marco Bonucchi è imputato per abuso edilizio, abuso d’ufficio e violazione delle norme urbanistiche per fatti risalenti al 2010, quando sedeva sulla poltrona di primo cittadino per il Pd. Il rinvio a giudizio per lui e gli altri imputati, tecnici comunali e alcuni privati, poggia sull’accusa di aver tagliato 600 alberi in più per far posto a una pista da sci. A Modugno, nel barese, è sotto inchiesta, dopo essere stato anche arrestato, l’ex sindaco Pd Mimmo Gatti . Secondo i magistrati, il primo cittadino avrebbe per anni rilasciato concessioni edilizie costringendo i costruttori a versare tangenti in denaro o beni di altro genere. Coinvolto anche il predecessore di Gatti, Giuseppe Rana , pure lui del Pd. Dopo pochi mesi, aprendo un secondo filone d’inchiesta, i pm arrivano a ipotizzare l’esistenza di una vera e propria “cupola affaristica” che controllava capillarmente le attività edilizie del Comune.

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Scendendo ancora più giù, in Calabria, nel febbraio scorso finisce in carcere il sindaco di Melito Porto Salvo, Gesualdo Costantino , sempre democrat. Questa volta si tratta di associazione mafiosa. La Dda reggina, infatti, è convinta che Costantino concordasse con la cosca locale, quella dei Iamonte, le scelte “politiche”, soprattutto quelle relative agli appalti pubblici. Le manette scattano per lui e per altre 65 persone sospettate di essere capi e accoliti della ’ndrangheta. Il procuratore Ottavio Sferlazza lo definisce «espressione della cosca», mentre per il colonnello Lorenzo Falferi, comandante provinciale dei carabinieri di Reggio Calabria, c’era un “rapporto di sudditanza psicologica e fattuale” del sindaco Costantino nei confronti dei vertici della cosca Iamonte. Nel maggio scorso Costantino, da indagato per mafia, è stato dichiarato incandidabile dal tribunale civile di Reggio Calabria. A Sant’Anastasia, in provincia di Napoli, nel dicembre 2013 in manette finisce il sindaco Carmine Esposito , fermato mentre intascava una “mazzetta” da 15mila euro da un imprenditore che operava nel settore dei rifiuti. Pochi giorni dopo il gip convalida l’arresto in carcere. Nel febbraio scorso il tribunale della Libertà di Salerno gli apre le porte di Poggioreale concedendogli gli arresti domiciliari.

Tornando al Nord, in provincia di Lecco, il 2 aprile scorso, nell’ambito di un’operazione antimafia della Dda di Milano, scatta l’arresto per il primo cittadino di Valmadrera, Marco Rusconi , 36 anni. Manette ai polsi anche per altre dieci persone fra cui il membro di un clan locale. Le accuse vanno dall’associazione mafiosa alla corruzione, dall’estorsione alla concussione. L’operazione denominata “Metastasi”, come ha spiegato il procuratore aggiunto Ilda Boccassini, fa emergere il legame fra «braccia armate» della ’ndrangheta, che agivano con estorsioni e atti di violenza, ed esponenti delle istituzioni, tra cui Rusconi, che si era fatto notare per alcune manifestazioni contro la criminalità organizzata. Cinque giorni dopo l’arresto si è dimesso. Ancora al Nord, precisamente a Pioltello, provincia di Milano. In un’operazione condotta dalla Guardia di finanza nel novembre 2013, finiscono in manette 26 persone, altre 15 indagate. Fra gli arrestati c’è il sindaco Pd Antonio Concas , accusato di aver ricevuto una tangente di 20mila euro per rinnovare il contratto con un’impresa specializzata nel recupero dei rifiuti. Passano due mesi e il primo cittadino democrat molla la poltrona rassegnando le dimissioni.

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Spostandoci ancora verso Sud, il 3 dicembre scorso le Fiamme Gialle di Foggia arrestano il sindaco Pd di Carlantino, Dino D’Amelio che finisce ai domiciliari con l’accusa di aver preteso cinquemila euro da un imprenditore promettendogli in cambio l’affidamento di alcuni lavori, poi non ottenuti. Secondo la versione dell’imprenditore, D’Amelio avrebbe ricevuto 8mila euro già quando era consigliere comunale, e poi 5mila euro e altri 900 da primo cittadino. Il 10 febbraio scorso il sindaco di Brindisi, Mimmo Consales , ha invece ricevuto un avviso di conclusione delle indagini per abuso d’ufficio e truffa ed è indagato anche in un secondo filone d’inchiesta. Consales, eletto nel Pd, si è autosospeso dal partito. (Il Tempo)

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