Nuovo stadio Roma, il progetto finisce in carcere. La Capitale si riscopre corrotta, 9 arresti

Nuovo stadio Roma, il progetto finisce in carcere. La Capitale si riscopre corrotta, 9 arresti
Il progetto del nuovo stadio della Roma
13 giugno 2018

Il progetto per la costruzione del nuovo stadio della Roma finisce in carcere, a Regina Coeli o in quello di San Vittore, a Milano. A causa di una ordinanza di custodia cautelare di 288 pagine eseguita alle prime ore del giorno dai carabinieri, e un’inchiesta della Procura di Roma che scoperchia gli affari dell’imprenditore Luca Parnasi, della cerchia dei suoi collaboratori più stretti e di una serie di manager ed esponenti politici che non hanno resistito ed hanno ascoltato la proposta corruttiva, come dicono i giuristi.

Altro soggetto quasi sempre citato nel provvedimento del giudice Maria Paola Tomaselli, è il presidente dell’Acea, l’avvocato Luca Alfredo Lanzalone, 49 anni ad agosto, pezzo forte della politica degli M5s nella Capitale. E’ ai domiciliari, insomma, lui il mister Wolf evocato da Parnasi che risolve i problemi e avrebbe dovuto far diventare realtà il plastico un po’ impolverato dello stadio di Tor di Valle che da anni prova a sedurre finanziamenti e resistenze, ma che sembra destinato a rimanere un miraggio, una chimera. Agli arresti domiciliari sono andati anche Pier Michele Civita, consigliere regionale Pd e già assessore all’urbanistica della giunta Zingaretti; ed Adriano Palozzi, rappresentante di Forza Italia alla Pisana. E’ la dimostrazione della trasversalità della vicenda, ripete una fonte vicina all’inchiesta. Ed anche della capacità – si aggiunge – di Parnasi di entrare ed uscire dai palazzi. Il procuratore aggiunto Paolo Ielo quasi si affretta a dire che la società giallorossa non c’entra nulla, che lo stadio non è stato sequestrato e che insomma le cose potrebbero anche esser viste in modo meno catastrofico.

Ma la platea di cronisti sportivi e il tam-tam delle radio monotematiche concorrono a ripetere che ormai il sognato impianto di Tor di Valle resterà solo una speranza. Insieme con Parnasi in carcere sono andati i suoi uomini più fidati, Luca Caporilli e Simone Contasta, Giulio Mangosi e Nabor Zaffiri, Gianluca Talone. E così in attesa della variante urbanistica che avrebbe dovuto sostituire il luogo ippodromo con quello di un campo di calcio con spalti, uffici e casette, è arrivata una ordinanza che abbatte il progetto da un miliardo di euro. Perché con il principale motore dell’impresa finanziaria dietro le sbarre sarà ben difficile immaginare in tempi brevi una soluzione. La magistratura si chiama fuori. “Non serve alcun nulla osta”, si ribadisce a piazzale Clodio. Chiarendo che non è stato eseguito alcun provvedimento reale sull’appezzamento ingombro di sterpaglie affacciato sull’Ostiene. Ma basta scorrere le pagine del provvedimento per comprendere come i “metodi anni ’80” posti in essere da Parnasi avevano vinto, ed erano entrati nelle stanze che contano. Tali e tante erano state promesse e intese, giochi di palazzo e questioni affrontate.

La logica spartitoria – si sottolinea – sempre proprio averla avuta vinta sui desideri di fare le cose presto e bene che pure sembravano animare i desiderata americani, che con il presidente James Pallotta e la sindaca Virginia Raggi avevano varato, solo pochi mesi fa, la versione definitiva di uno stadio sempre più simile alla tela di Penelope. L’identikit di Parnasi, citato in tutti i capi d’imputazione, è quello di un giovane manager finito nei guai, forse per troppa ambizione. Quasi nel solco di Danilo Coppola e Stefano Ricucci, dei cosiddetti “furbetti del quartierino”, degli imprenditori spesso impicciati con il mattone, e che hanno avuto infiniti danni dal desiderio di scalare il successo. Parnasi voleva entrare nella galassia dei Cinque stelle, del movimento M5s, ed aveva i suoi ganci. Nella vicenda è indagato anche il capogruppo in Campidoglio dei ‘grillini’, Paolo Ferrara. Lui voleva restaurare il lungomare di Ostia e Parnasi sembrava garantire e promettere. E’ una delle tante storie che si incistano nel libro scritto dal giudice Tomaselli. Un vero monolite che si abbatte pure sulla giunta Raggi, sul suo desiderio di apparire altra cosa rispetto a ‘Mafia Capitale’. Questa inchiesta sullo stadio, che inevitabilmente “tocca” la squadra di calcio amata da molti romani, sembra invece portare indietro le lancette dell’orologio, a quel tipo di malaffare. Che in genere passa dalla galera e finisce sotto processo.

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