Standard & Poor’s “grazia” l’Italia sul rating, resta BBB ma taglia l’outlook

Standard & Poor’s “grazia” l’Italia sul rating, resta BBB ma taglia l’outlook
Standard & Poor's
27 ottobre 2018

Ultimo scoglio, di questo difficile passaggio prima di fine anno, superato con meno danni del temuto dall’Italia sulle agenzie di rating. Standard & Poor’s ha infatti confermato a “BBB” la sua valutazione sull’affidabilità creditizia del Paese, un livello che resta quindi due gradini al di sopra del temuto “speculative grade”, comunemente chiamato “junk” (spazzatura), finendo nel quale si potrebbe innescare una spirale di potenziali effetti negativi.

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Al tempo stesso, nell’atteso aggiornamento delle sue valutazioni, l’ultima delle tre grandi agenzie che si doveva esprimere, a ridosso della legge di Bilancio, ha modificato da “stabile” a “negativo” l’outlook. In pratica segnala che il suo orientamento sui futuri aggiornamenti al rating è orientato al declassamento. E ha anche precisato in maniera molto esplicita come e perché si potrebbe verificare una bocciatura. Il taglio potrebbe arrivare nell’arco dei prossimi 24 mesi sulla base di tre principali scenari negativi. “Se la crescita reale del Pil dovesse risultare materialmente inferiore alle nostre attese – ha spiegato S&P -. Se deficit e debito pubblico dovessero oltrepassare in maniera significativa le nostre attese”.

Infine, “se dovessimo osservare un marcato deterioramento nelle condizioni finanziarie esterne dell’economia dovuto a persistenti incertezze politiche e alle loro potenziali implicazioni avverse per le banche, che sono un dei principali finanziatori dello Stato”. La decisione risulta meno grave di quanto si sarebbe potuto temere: diversi osservatori non escludevano che l’agenzia avrebbe proceduto immediatamente a un taglio di rating. Dato che circa un anno fa aveva promosso l’Italia al rating attuale, S&P, a differenza delle altre due agenzie, Fitch e Moody’s, si trovava più spiazzata in questa fase nel procedere a un downgrade. Il giudizio sulla manovra tuttavia non è certo esaltante.

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“Sta pesando sulle prospettive di crescita del Paese” e in questo modo compromette la traiettoria del debito-Pil che ora non è più atteso in calo. Inoltre “ha eroso la fiducia degli investitori” e “potrebbe intaccare l’accesso delle banche al mercato dei capitali, come si vede dal rialzo dei rendimenti sui titoli di Stato”. Infime, sta avendo un “effetto negativo sulla capacità di accesso delle banche ai mercati dei capitali” e ulteriori rialzi di tassi e spread potrebbero “compromettere la capacità delle banche di finanziare l’economia”, in particolare a danno delle imprese medie e piccole, avverte l’agenzia.

E soprattutto S&P ripete a più riprese come le banche siano “uno dei principali finanziatori del debito pubblico”. Quindi metterle in difficoltà creerebbe una sorta di effetto boomerang. Sui numeri Standard & Poors’ prevede una crescita dell’1,1 per cento nel 2019, all’1 per cento nel 2020 e allo 0,9 per cento nel 2021; su questo base stima un deficit al 2,7 per cento del Pil nel 2019, al 2,5 per cento nel 2020 e al 2,4 per cento nel 2021.

Il debito-Pil resterà invariato al 128,5 per cento nel 2019, poi 128,3 per cento nel 2020 e 128,4 per cento nel 2021. La decisione meno grave del temuto è stata comunque accolta con una certa soddisfazione dalla maggioranza di governo. “Le agenzie di rating non misurano il benessere dei cittadini di un Paese, ma chi aspettava Standard & Poor’s per continuare a remare contro il governo ha avuto una brutta sorpresa – ha affermato il vicepreier Luigi Di Maio su Twitter -: il rating dell’Italia è stato confermato. Andiamo avanti! Il cambiamento sta arrivando”. Secondo Matteo Salvini, vicepremier e ministro degli Interni “è un film già visto. Le agenzie di rating non si sono accorte della crisi mondiale? In Italia non saltano né banche né imprese”.

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Precedentemente, Fitch aveva già rivisto in peggio l’outlook sull’Italia, poi nelle scorse settimane ha deciso di rinviare l’aggiornamento delle sue valutazioni al primo trimestre 2019: in pratica vuole vedere come uscirà la manovra dal passaggio parlamentare. La scorsa settimana invece Moody’s ha declassato l’Italia di un gradino, a Baa3, ormai solo passo sopra il livello spazzatura, ma ha riportato l’outlook a stabile e non prefigura per ora altri cambiamenti. Chissà se fiutando una pagella meno brutta del temuto, a Piazza Affari sul finale l’indice Ftse-mib ha consistentemente ridotto i ribassi, siglando gli scambi al meno 0,70 per cento dopp cali che avevano toccato il 2 per cento. I Btp a 10 anni hanno chiuso con i redimenti in limatura al limatura al 3,46 per cento e il differenziale rispetto ai tassi dei Bund tedeschi, lo spread, attorno a quota 310 punti. Ora lunedì si vedrà come verrà accolta la decisione di S&P.

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