In Sudafrica al via l’era Ramaphosa, un uomo d’affari ed ex sindacalista alla guida del Paese

15 febbraio 2018

Cyril Ramaphosa e’ il nuovo presidente del Sudafrica: il leader dell’African National Congress e’ stato eletto per acclamazione dal Parlamento in seduta straordinaria, poche ore dopo le dimissioni del controverso Jacob Zuma, travolto dagli scandali. “Ramaphosa e’ debitamente eletto presidente”, ha annunciato il presidente della Corte costituzionale, Mogoeng Mogoeng, tra gli applausi dell’aula. Dopo settimane di pressioni politiche e una lunga battaglia con il suo African National Congress, mercoledi’ sera Zuma aveva gettato la spugna, aprendo la strada alla successione. Per il Sudafrica, e’ la fine di una saga che ha tenuto per settimane i cittadini col fiato sospeso. Per il 65enne ex sindacalista di Soweto divenuto uomo d’affari di successo, che ha promesso di risollevare l’economia del Paese e di sradicare la corruzione. Zuma ha trascinato nella sua caduta anche una famiglia di ricchi imprenditori indiani, i Gupta, per anni vicinissimi al presidente e al centro di tutte le inchieste sulla corruzione ai vertici dello Stato. Lambito per anni dalle inchieste sulla corruzione, il 75enne Zuma ha concluso mercoledi’ sera il suo governo di nove anni al timone del Paese, obbedendo malvolentieri agli ordini del suo partito, che lo aveva minacciato con un voto di sfiducia in Parlamento. Ramaphosa ha cercato in tutti i modi nelle ultime settimane di assicurarsi un passaggio di consegne senza scossoni in modo da scongiurare una catastrofe elettorale.

Ma si e’ scontrato con il rifiuto ostinato del presidente, il cui mandato scadra’ l’anno prossimo e che ha resistito fino alla fine. Zuma ha ceduto solo poche ore prima del voto della mozione di sfiducia, sostenuta dal suo partito e dall’opposizione. L’uscita di scena di Zuma, 14 mesi prima della scadenza del suo mandato, era in realta’ attesa da tempo; e nella storia democratica del Sudafrica, dopo la fine dell’apartheid, e’ la seconda volta che un presidente viene sospeso dall’Anc (prima di Zuma, la stessa sorte e’ toccata a Thabo Mbeki nel settembre 2008). Ma la sua parabola e’ emblematica del clima di diffidenza generalizzata nei confronti della classe dirigente e della gestione del potere ai massimi livelli. In nove anni di presidenza Zuma il Sudafrica si e’ impoverito, le riforme economiche promesse non sono state attuate e i massimi dirigenti, a cominciare dal presidente, sono stati coinvolti in clamorosi casi di corruzione e nepotismo. Non a caso in queste ore i riflettori sono puntati su un’altra vicenda che riguarda una delle famiglie di imprenditori piu’ potenti del Paese: i Gupta. I tre fratelli Gupta – Ajay, Atul e Rajesh- originari dell’Uttar Pradesh e stabiliti nel Paese dal 1993, sono al centro di diverse inchieste di corruzione, di cui alcune in comune proprio con Zuma, amico intimo.

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Nel 2016 la mediatrice della Repubblica aveva rivelato l’implicazione diretta dei potenti imprenditori nella gestione dello Stato, con pressioni e tangenti per ottenere appalti pubblici, nomine di ministri e appropriazione indebita di fondi pubblici. E in tanti hanno notato la “strana coincidenza” tra la caduta di Zuma e, nello stesso giorno, le prime perquisizioni della polizia in diverse proprieta’ dei Gupta, finora oligarchi intoccabili, a Johannesburg. Tra gli arrestati, ci sarebbe uno dei tre fratelli. E adesso l’attenzione e’ tutta puntata sul prossimo presidente. Sui social in cima ai trend topic c’e’ l’hastag ‘ZumaResigns’, ‘Zumahasfallen’, mentre circolano in rete diverse foto del leader dell’Anc e neo-presidente che passeggia sul lungomare di Citta’ del Capo, di ottimo umore, accompagnato dell’ex ministro Trevor Manuel e numerosi cittadini. Ma per quanto il ritiro di Zuma venga salutato come “l’inizio di una nuova era per il Sudafrica” e “l’occasione di costruire un Sudafrica per tutti”, c’e’ anche grande attesa per i prossimi sviluppi istituzionali. Dopo settimane di tensione che ha evidenziato le fratture che incrociano i suoi ranghi, l’Anc ha accolto le dimissioni del Capo dello Stato con un “sospiro” di sollievo. “Non andremo a festeggiare”, ha detto pero’ uno dei suoi uomini, Jessie Duarte. Il partito di Nelson Mandela, di cui a luglio ricorre il centenario della nascita, non e’ mai stato cosi’ diviso e la sua popolarita’ non e’ mai stata cosi’ bassa. A poco piu’ di un anno dalle elezioni generali, la strada per Ramaphosa, che di Mandela era stato a lungo braccio destro, appare tutta in salita. Ma lui ha ga’ compiuto una missione impossibile: quando il Paese era sull’orlo di una guerra civile e razziale, lavoro’ alla costituzione provvisoria che avrebbe portato il Sudafrica alle elezioni del 1994, negoziando con l’afrikaner, Roelf Meyer.

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