Tanto prestigio, poco potere. Quando i presidenti Rai non toccano palla

Tanto prestigio, poco potere. Quando i presidenti Rai non toccano palla
Anna Maria Tarantola
27 settembre 2018

La “zampata” della politica sulla Rai, scatta anche con la Terza Repubblica. Prima, Seconda, non c’è Repubblica in grado di “sbianchettare” i colori della politica. E così, anche il governo del cambiamento ha “tappezzato” a suo gradimento il mega galattico ufficio della presidenza al settimo piano di Viale Mazzini. Con tutto ciò che seguirà, consulenti, dirigenti, dipendenti, macchina blu, stipendi e via dicendo. Venticinque presidenti hanno occupato la poltrona della più alta carica dell’azienda televisiva di Stato. Marcello Foa, sarà il ventiseiesimo dal 1945, quando Carlo Arturo Jemolo diviene il primo presidente.

Due anni dopo, nasce la Commissione parlamentare di vigilanza, organismo incaricato di vigilare sull’indipendenza politica e l’obiettività informativa delle radiodiffusioni. E qui, casca l’asino: indipendenza politica e obiettività dell’informazione. Perché attribuire a molti presidenti della Tv di Stato la propria impronta politica, soprattutto nella cosiddetta Seconda Repubblica, è lapalissiana. E sarebbe, è lo è, più che ipocrita pensare diversamente, dato che al settimo piano non si arriva per concorso ma per un via libera dal parlamento. Non a caso ad ogni nuovo governo, riparte il giro di valzer. Si chiama lottizzazione, e a questa pratica si stanno voluttuosamente dedicando anche i due partiti di governo, il Movimento 5 Stelle e la Lega. Il metodo è quello di sempre, anche in tempi di governo del cambiamento. Il punto semmai è cosa fa un presidente arrivato a settimo piano.

Nell’elenco dei predecessori di Foa, ci sono nomi che non hanno lasciato traccia, o quasi. Tanto meno quelli che si sono insediati per sei giorni (Paolo Mieli che di fatto rifiuta la designazione), o “Consiglieri anziani” che subentrano per qualche settimana o qualche mese in supplenza del presidente dimissionario. A Vittorio Emiliani, ad esempio, sono bastati sei giorni di presidenza (16 febbraio- 22 febbraio 2002) per trovare l’ispirazione per un suo libro che pubblicherà in seguito e dall’eloquente titolo: “Affondate la Rai”. Meno di un anno è durata la presidenza di Antonio Baldassarre (5 marzo 2002- 26 febbraio 2003). Indimenticabile l’amicizia definita “filiale” dagli interessati che legò la giovane soubrette, Francesca D’Auria, a Baldassarre. In molti ironizzarono, il manager ancora ai vertici rispose: “Francesca è il mio angelo custode, la figlia che non ho mai avuto”.

Un segno, Anna Maria Tarantola (8 giugno 2012 – 5 agosto 2015), invece, l’ho lasciato. Convinta del suo impegno per la moralizzazione della Rai e di essere paladina delle donne viste dalla tv solo come “oggetto”, portò a chiudere Miss Italia. E a proposito di donne, la prima a ricoprire l’incarico di presidente è stata Maria Letizia Brichetto Arnaboldi in Moratti (13 luglio 1994 – 24 aprile 1996). Giova ricordare come, Walter Pedullà (19 febbraio 1992 – 13 luglio 1993) tratteggia lo spirito che regnava nella tv di Stato, prima della sua presidenza: “Nell’ 87, di fronte alla necessità di stringere attorno alla Rai il massimo di solidarietà, politica e partitica, per controbattere la concorrenza della Fininvest, l’informazione della Rai si tripartisce tra Dc, Psi e Pci”, una situazione poi degenerata fino “all’attuale crisi irreversibile”. A oggi, non è cambiato nulla, se non i protagonisti.

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