Teatro: a Siracusa Ovadia recita Eschilo in siciliano

Teatro: a Siracusa Ovadia recita Eschilo in siciliano
21 aprile 2015

moni ovadiaLe “Supplici” in un testo misto tra siciliano e greco moderno. E’ l’esperimento al quale lavora Moni Ovadia che della tragedia di Eschilo, in programma al teatro greco di Siracusa il 15 maggio è regista e interprete. Quello che può sembrare un azzardo viene così spiegato da Ovadia: “Occorre rivedere il nostro modo di relazionarci con le lingue. Dobbiamo superare la concezione della cultura occidentocentrica e chiederci come parlavano i greci. E da questo cercare di capire che le lingue antiche portano anche i travagli di duemila anni di storia”. L’artista pone una questione di sonorità e di proprietà espressiva. “In un mio spettacolo – dice – ho letto poesie di Ignazio Buttitta, che traducevo in italiano e mi rendevo conto che una cosa è dire ‘mi vergogno’ e un’altra ‘m’affruntu’. L’italiano è una lingua meravigliosa, ma noi dobbiamo trovare una materia linguistico-sonora che risponda all’energia della tragedia”. Rispetto alla traduzione di Guido Paduano, Ovadia confessa un “tradimento totale” ma perché, come uomo di teatro e artista, tende a trasfigurare tutto in libertà: “Prendiamo la Rimini di Fellini: non è quella reale. Allo stesso modo noi trasfiguriamo il testo filologico prendendoci la massima responsabilità”.

Per Ovadia il siciliano andrebbe portato sempre in teatro e cita Camilleri: “Usa il dialetto perché riconosce in esso una forza che l’italiano non può dargli. Facciamo un esperimento? Facciamo leggere a qualcuno in italiano un brano del coro delle Supplici, poi lo portiamo al bar e gli chiediamo cosa abbia detto il coro. Non lo ricorda”. Non c’è il rischio di fare scivolare la tragedia in una farsa? “C’è un detto – risponde – che dice: ‘Cu tuttu ca sugnu orbu a viru niura’ (anche se sono cieco la vedo nera, ndr): fa ridere ma è amaro. E c’è in Sciascia quell’altra battuta di chi a Racalmuto durante il fascismo va a votare e dice al presidente del seggio porgendo la busta elettorale: ‘Ci sputassi vossia’ (Ci sputi lei, ndr). E’ il massimo del disincanto, ma provoca una risata”. Ovadia ha incontrato la lingua siciliana a Milano: “Nella casa di ringhiera – ricorda – c’era un vicino che mi parlava sempre in dialetto. Quando arrivai dalla Bulgaria il mio primo amico fu messinese. E poi sono stato amico del poeta Ignazio Buttitta”.

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