Theresa May in “ritiro” per preparare un “piano B”. Nuova sfida ai Comuni

Theresa May in “ritiro” per preparare un “piano B”. Nuova sfida ai Comuni
20 gennaio 2019

Theresa May è alla ricerca affannosa di un “piano B” per la Brexit dopo la sonora bocciatura dei deputati martedì sera dell’accordo da lei faticosamente negoziato con Bruxelles per oltre 18 mesi. La premier britannica, lavora agli ultimi ritocchi del piano alternativo per l’uscita dall’Europa e che deve presentare in Parlamento. Chiusa nella residenza di campagna dei premier britannici, a Chequers, May lavora al discorso che fara’ ai deputati domani per definire la sua linea dopo la clamorosa sconfitta a Westminster del suo accordo con Bruxelles.

Ma l’opposizione ha già denunciato che il dialogo con i parlamentari promosso dalla premier è solo di facciata. Il Labour ha detto senza mezzi termini che, se May intende davvero negoziare con il partito, deve cominciare scartando in maniera chiara l’eventualità di un no-deal, ovvero una uscita senza accordo dall’Unione europea, e accantonare le sue “linee rosse”. Tra queste la più significativa è la rinuncia all’unione doganale che i laburisti intendono invece mantenere.

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Il leader laburista, Jeremy Corbyn, ha categoricamente escluso di incontrare la leader conservatrice finché l’ipotesi no-deal resta in piedi. “Signora Primo ministro avanzi proposte serie per il futuro”, ha detto rivolgendosi ai militanti a Hastings, nel Sudest dell’Inghilterra, chiedendo a May di accantonare le sue “linee rosse”. “Se il governo resta intransigente, se il Paese si trova di fronte al potenziale disastro di un no-deal il nostro dovere sarà di esaminare altre possibilità, compresa quella di un voto popolare”, ha detto Corbyn, non escludendo quindi l’ipotesi, come ultima ratio, di un secondo referendum sulla Brexit.

Nei giorni scorsi la premier britannica ha ripreso le consultazioni con i parlamentari di maggioranza e opposizione. “Queste consultazioni arrivano troppo tardi”, ha commentato Caroline Lucas, unica deputata dei Verdi. “Non ci sono segnali che la Primo ministro abbia l’intenzione di trovare un compromesso”, ha scritto su Twitter, dopo il suo incontro con Theresa May. Dopo la bocciatura di martedì May deve presentare un “piano B” domani, lunedì 21 gennaio, sul quale i deputati voteranno solo il 29 gennaio, due mesi esatti prima della data prevista per l’entrata in vigore della Brexit. Mentre i dirigenti europei chiedono a Londra di chiarire la sua posizione, l’ipotesi di un rinvio della Brexit pare “inevitabile”, ha detto l’ex premiei laburista Tony Blair. Ovvero, la proroga dell’articolo 50 del trattato di Lisbona per poter prolungare i negoziati oltre il 29 marzo.

Dopo due anni e mezzo trascorsi a tentare di unire, senza successo, il suo partito intorno ad un comune progetto di Brexit, Theresa May spera di ridurre a più miti consigli i deputati delle altre forze politiche che le hanno più volte contestato la mancanza di un dialogo. “Non sarà un compito facile ma i deputati sanno che hanno il dovere di agire nell’interesse nazionale, di arrivare ad un compromesso”, ha dichiarato davanti a Downing Street mercoledì sera, poco dopo aver incontrato i capi dei Lib-dem, dei nazionalisti scozzesi del Snp e del partito nazionalista gallese Plaid Cymru.

Anche il governo appare sempre diviso su eventuali possibili compromessi. Secondo il Times, la ministro per le Relazioni con il Parlamento Andrea Leadsom e altri euroscettici non hanno rinunciato alla loro richiesta che siano posti dei limiti temporali al “backstop”, la misura creata ad hoc per evitare il ritorno di una frontiera terrestre fra l’Irlanda e l’Irlanda del Nord, del tutto invisa ai Brexiters. Vogliono anche che sia inclusa nel piano B la promessa di negoziare un accordo di libero scambio sul modello canadese. Da parte sua, l’eurofilo ministro delle Finanze Philip Hammond ha assicurato che lo scenario di una uscita senza accordo dall’Ue, che preoccupa gli ambienti economici, sarà accantonato, in una conference call con dei capi azienda martedì, riporta il Telegraph.

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Il governo affronta le consultazioni con uno spirito “molto aperto” ma resta determinato a perseguire il suo obiettivo di una politica commerciale indipendente dopo la Brexit, ha affermato da parte sua il presidente del Partito conservatore, Brandon Lewis, escludendo la permanenza nell’attuale unione doganale. Più di 170 esponenti del mondo economico chiedono un nuovo referendum sulla Brexit, “solo mezzo” di evitare un divorzio dall’Ue senza accordo.

Tuttavia, ha sottolineato Lewis, il governo non pensa che un nuovo referendum sia “il giusto modo di procedere”. May lo ha escluso finora, sostenendo che i britannici si siano già espressi. L’ipotesi di un secondo referendum è invece sostenuta dallo Snp, dal Partito liberal-democratito, dal Plaid Cymru e dai Verdi, che premono su Jeremy Corbyn perché segua il loro esempio. In Francia, il Primo ministro Edouard Philippe ha annunciato un “piano” per far fronte all’eventualità “sempre meno improbabile” di un divorzio traumatico del Regno Unito dall’Unione europea.

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