Truffa da 1 milione a Ue, 21 persone indagate in Sicilia

Truffa da 1 milione a Ue, 21 persone indagate in Sicilia
21 luglio 2017

Falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico, truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, autoriciclaggio, dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture false ed emissione di fatture false: questi i reati per i quali 21 persone sono indagate nell’ambito di un’operazione dei finanzieri del comando provinciale di Enna, volto alla verifica del corretto impiego di finanziamenti comunitari riconducibili al Programma di Sviluppo Rurale. La Tenenza della Guardia di Finanza di Nicosia avrebbe accertato una consistente truffa al bilancio dell’Unione Europea ammontante ad oltre 1 milione di euro. I finanziamenti, che sarebbero stati percepiti indebitamente da un’associazione agricola e da diversi soggetti economici delegati all’esecuzione dei lavori riconducibili al P.S.R. Sicilia 2007/2013, erano destinati al rifacimento di strade interpoderali nel territorio di Nicosia nonché alla predisposizione di nuove infrastrutture viarie per agevolare il comparto rurale dei luoghi. L’operazione, denominata in codice “Ruris”, avrebbe svelato i meccanismi delittuosi volti al conseguimento di erogazioni pubbliche mediante l’emissione e l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti.

In particolare, mediante le false fatturazioni, i soggetti coinvolti nella frode hanno potuto giustificare i costi sostenuti per l’effettuazione dei lavori ai fini della successiva percezione delle erogazioni, “gonfiando” le passività d’azienda e sottraendosi, conseguentemente, ad una maggiore tassazione, certificando prestazioni di servizi e cessioni di beni che, nel concreto, non sono mai avvenute. Tutto ai danni degli operatori che, avendo presentato regolari domande per ottenere le contribuzioni pubbliche, non sono riusciti ad essere finanziati, non essendo più sufficienti le somme previste dal programma di sviluppo rurale. L’inchiesta ha consentito ai finanzieri di Nicosia di rilevare flussi finanziari significativi per cui gli indagati avrebbero metodicamente proceduto al reimpiego del denaro nel tempo accumulato mediante la creazione di “fondi neri” in modo da ostacolarne la relativa provenienza delittuosa, configurando, in tal modo, il reato di autoriciclaggio, fattispecie criminosa recentemente introdotta nell’ordinamento giuridico italiano. Al termine delle indagini, i finanzieri hanno eseguito, su delega della locale Procura della Repubblica, che ha coordinato l’intera indagine, un provvedimento di sequestro preventivo di beni mobili, immobili e disponibilità finanziarie riconducibili agli indagati per un importo di oltre 1 milione di euro, costituente il profitto dei reati commessi.

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