Tutti i matrimoni mancati dell’Alitalia, da Air France ad Aeroflot

Tutti i matrimoni mancati dell’Alitalia, da Air France ad Aeroflot
4 maggio 2017

Dalla prima vertenza del 2008 ad oggi, molti sono stati i matrimoni mancati dell’Alitalia con altre compagnie di linea, senza dimenticare quello con Klm, naufragato nel 2000 per decisione del vettore olandese che contestava alcune decisioni del Governo italiano, guidato allora da Massimo D’Alema sullo sviluppo dell’aeroporto milanese di Malpensa. La storia delle tre vertenze, in quasi dieci anni, della compagnia ex di bandiera è costellata da approcci più o meno concreti da parte di altre compagnie subito interrotti per le ragioni più disparate. Il tentativo più consistente fu quello di Air France all’epoca della privatizzazione dell’Alitalia nella prima vertenza del 2008. Dopo una gara andata deserta, la compagnia francese, guidata da Jean-Cyril Spinetta avviò con l’Alitalia una trattativa in esclusiva basata sul proprio piano industriale, richiedendo anche l’assenso dei sindacati. E proprio su questo punto naufragò l’accordo visto che i sindacati decisero di non firmare l’accordo, in qualche modo allettati anche dal contropiano di una cordata italiana presentato da Silvio Berlusconi, all’epoca all’opposizione del secondo Governo Prodi. Sempre nel 2008, mentre era in corso il bando di gara per la ricerca di un partner per l’Alitalia predisposto dal ministro dell’Economia dell’epoca, Tommaso Padoa-Schioppa, alcuni approcci furono tentati anche da Lufthansa e dalla russa Aeroflot che poi però non portarono a nulla di concreto.

In particolare Aeroflot si disse disposta a versare un miliardo di dollari nelle casse della compagnia italiana e presentò anche una manifestazione di interesse preliminare, ma poi si ritirò dalla gara. Si fece anche il nome dell’americana Delta non ci fu nulla di concreto anche in questo caso. Chiusa la prima vertenza con l’arrivo dei “capitani coraggiosi”, nel 2014 l’Alitalia torna in affanno e si apre la seconda vertenza. Puntalmente riparte il balletto della ricerca di un partner industriale, ma questa volta diventa imprescindibile per il salvataggio della compagnia. Rispunta il nome di Lufthansa che però smentisce da subito qualsiasi interessamento, anche British Airlines fa sapere di non essere interessata. Air France neanche a parlarne perché anche lei alle prese con una dura ristrutturazione. Si comincia allora a guardare alle compagnie del Golfo e spunta il nome di Etihad che alla fine entrerà nel vettore italiano con una quota di poco sotto al 50% per non infrangere i regolamenti europei che richiedono una maggioranza di capitale comunitario per mantenere lo status di compagnia aerea europea. Ora, l’Alitalia, alle prese con la sua terza vertenza, alla vigilia del 50* del primo volo di un suo aereo, torna a cercare pretendenti che le consentano di farla uscire dall’amministrazione straordinaria. Rispunta fuori il nome di Lufthansa. I tedeschi smentiscono anche perché in queste fase preliminare preferiscono stare alla finestra e vedere cosa succede, ma l’identikit di un nuovo partner non potrà non tener conto della sua nazionalità per poter rimanere entro lo status di compagnia comunitaria.

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