Ue a Italia: recuperi Ici Chiesa

Ue a Italia: recuperi Ici Chiesa
11 aprile 2018

L’Italia deve recuperare le somme equivalenti all’esenzione Ici di cui la Chiesa ha beneficiato. Per l’Avvocato generale della Corte di Giustizia europea, questo denaro è considerato aiuto di Stato, quindi, il Vaticano dovrebbe mettere mano al portafoglio. Ma mai, come in questo caso, il condizionale è d’obbligo. E in seguito vedremo perché. Parliamo di quattro, cinque o sei miliardi di euro. L’esatta somma non è dato sapere. E per un semplice motivo: non c’è un catasto che riporta tutti gli immobili su cui applicare l’imposta comunale. Va precisato che nel mirino dell’Avvocato generale Melchior Wathelet non ci sono solo i patrimoni ecclesiastici, ma anche quelli di altri enti non commerciali e che hanno beneficiato delle esenzioni fiscali per immobili di proprietà usati per attività economiche dal 2006 al 2011. Perché, come è noto, dall’1 gennaio 2012 l’Ici è stata sostituita dall’Imu che è stata riscontrata dalla Commissione europea conforme alle norme comunitarie in materia di aiuti di Stato, in quanto limita l’esenzione ai beni in cui gli enti non commerciali svolgono attività non economiche.

In ogni caso, con l’avvento dell’Imu, la vertenza Ici rimane tutta aperta in quanto l’allora governo Monti ha archiviato la pratica. Con, a dire il vero, la complicità della Commissione europea che sempre nel 2012 ha giudicato sì incompatibili con le norme le esenzioni concesse agli enti non commerciali per fini specifici ma, allo stesso tempo, la stessa Commissione non ha detto all’Italia di recuperare le somme miliardarie in quanto le autorità italiane avevano dimostrato che il recupero sarebbe stato impossibile in quanto non si poteva determinare quale porzione dell’immobile di proprietà dell’ente fosse stata utilizzata esclusivamente per attività non commerciali, risultando quindi legittimamente esentata dal versamento dell’imposta. In sostanza, una soluzione pilatesca, quella della Commissione Ue, ma che è stata bocciata ieri dall’Avvocato generale della Corte di Giustizia europea. Secondo Wathelet, infatti, l’impossibilita’ di recupero dell’aiuto a causa di difficolta’ organizzative imputabili allo Stato (nello specifico la mancata predisposizione di adeguate banche-dati) non giustifica un’eccezione alla regola per cui gli aiuti di Stato illegali vanno recuperati.

Ed è qui che rispunta il condizionale, in quanto, a prescindere dal verdetto che la Corte di Giustizia Ue pronuncerà a maggio, recuperare questa montagna di denaro sarà un’impresa esoterica. E’ stato il Partito Radicale il principale protagonista di questa controversia, prendendo carta e penna nel 2006 per denunciare tutto alla Commissione europea. “E’ l’ennesima dimostrazione di un Paese, il nostro – dice Maurizio Turco, presidente del Partito Radicale – in cui i principi dello stato di diritto sono ormai ignorati per non dire ignoti alla stragrande maggioranza di coloro che hanno governato”. Il vero problema per l’Italia, tuttavia, non sarà quello economico che rischia di finire a tarallucci e vino. Se la Corte dovesse confermare l’impostazione suggerita dall’Avvocato generale, infatti, l’Italia si vedrebbe obbligata a procedere alla riforma del sistema catastale, problema che è alla base del procedimento. E qui, si aprirebbe una voragine.

 

Le tappe della controversia

 

Le denunce del 2010

La vicenda parte nel 2010 quando, a seguito di una serie di denunce, la Commissione avvia un’indagine sulle esenzioni dall’imposta comunale sugli immobili concesse dall’Italia agli enti non commerciali che svolgevano attività specifiche, ovvero attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive o attività di natura religiosa o cultuale. Una modifica introdotta nel 2006 consentiva di svolgere attività «di natura non esclusivamente commerciale» negli immobili esentati dal versamento dell’imposta. L’indagine della Commissione ha accertato che queste esenzioni distorcevano la concorrenza, perché conferivano ai beneficiari un vantaggio. E, quindi, costituivano aiuto di Stato.

La novità dell’Imu

Da allora, l’Italia ha adottato una nuova normativa sulla tassazione dei beni immobili. A decorrere dal 1° gennaio 2012, l’Ici è stata così sostituita dall’Imu. E la Commissione ha riscontrato che questa è conforme alle norme dell’Ue in materia di aiuti di Stato, in quanto limita chiaramente l’esenzione agli immobili in cui gli enti non commerciali svolgono attività non economiche.

La decisione del 2012

Il 19 dicembre 2012, però, la Commissione europea ha giudicato incompatibili con le norme dell’Ue in materia di aiuti di Stato le esenzioni concesse agli enti non commerciali per fini specifici, previste dal 2006 al 2011 dal regime italiano di imposte comunale sugli immobili. La Commissione, però, non ha ingiunto all’Italia di recuperare l’aiuto perché le autorità italiane avevano dimostrato che il recupero sarebbe stato assolutamente impossibile. In sostanza, non si poteva determinare quale porzione dell’immobile di proprietà dell’ente non commerciale fosse stata utilizzata esclusivamente per attività non commerciali, risultando quindi legittimamente esentata dal versamento dell’imposta.

Il ricorso alla Corte Ue

La Commissione ha anche esaminato l’articolo 149, comma 4, del Testo unico delle imposte sui redditi, che sembrava escludere gli enti ecclesiastici e le associazioni sportive dilettantistiche dall’applicazione delle condizioni che possono comportare la perdita della qualifica di ente non commerciale. E siamo alla storia recente. Il 15 settembre 2016 il Tribunale dell’Ue, adito dalla scuola Montessori, ha respinto nel merito il ricorso volto all’annullamento della decisione della Commissione, dichiarando però il ricorso ammissibile. Proprio sull’aspetto dell’irricevibilità dei ricorsi è imperniata l’impugnazione proposta dalla Commissione. È su questo che arriverà il giudizio della Corte nei prossimi mesi.

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