Uno scenario da dopoguerra, per la Sicilia serve svolta epocale

24 aprile 2014

Per la Cisl il pagamento dei debiti alle imprese rischia d’essere un pannicello caldo. Nei prossimi due-tre mesi verranno al pettine nodi strutturali. Occorre fare in fretta con “una strategia condivisa e contestuale” di tagli, ristrutturazione, crescita

Uno scenario da dopoguerra. E da ricostruzione. È quello che la Sicilia ha davanti a sé. Meglio, che attende al varco governo e partiti siciliani già nei prossimi due-tre mesi. Che secondo la Cisl Sicilia, saranno un “passaggio epocale per i nodi strutturali dell’economia che verranno al pettine, tra debito in aumento, conti fuori controllo e crisi senza fine”. Così “il pagamento dei debiti alle imprese, pure necessario e finalmente passato all’Ars, rischia d’essere né più né meno che un pannicello caldo”. E i prossimi mesi potrebbero essere “letteralmente vitali non solo per la giunta Crocetta e la legislatura ma per la Sicilia e la sua storia” così come s’è dipanata dal dopoguerra in poi. Chi lancia allarme è Maurizio Bernava, segretario generale regionale, per il quale “il problema è che la classe politica siciliana appare impreparata in una situazione in cui governo e Ars dovrebbero invece dedicare tutto il loro tempo alla soluzione delle questioni irrisolte dell’economia. Non c’è molta alternativa”, afferma.

Per la Cisl, a imporre i temi economici al primo punto dell’agenda di politica e governo, è uno scenario allarmante, di crisi, recessione, crollo dei consumi, caduta degli investimenti e dell’occupazione; contrazione delle entrate fiscali. In Sicilia, ha documentato il Report 2013 della fondazione Curella qualche giorno fa, lavorano un milione 350 mila persone; dovrebbero esserci 2,3 milioni di occupati per una condizione economicamente e socialmente sostenibile. E quanto alle entrate nelle casse della Regione, negli ultimi anni si sono ridotte di un miliardo, soprattutto per effetto della crisi devastante e sebbene le aliquote Irpef e Irap siano qui al massimo livello: all’1,73% la prima, al 4,82% l’altra. Così, le minori entrate, determinate pure dai minori trasferimenti al bilancio regionale, “continuano a esporre la Sicilia al rischio della spirale incontrollabile recessione-indebitamento”. Si aggiungano, sottolinea la Cisl, i nuovi vincoli e le difficoltà a contrarre mutui come riprova la vicenda dei 360 milioni della Cassa depositi e prestiti. E il giudizio di parifica del rendiconto 2013 che la Corte di conti pronuncerà alla fine di giugno. Puntando l’indice ancora una volta, con ogni probabilità, sulla questione dei residui passivi su cui, dal prossimo anno, interverrà pure il governo nazionale con una decurtazione che potrebbe aggirarsi sui 470 milioni.

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Insomma, si chiede Bernava, “riuscirà una politica fin qui avvitata su se stessa e sugli interessi interni dei partiti”, che ha bruciato gli ultimi sei mesi discutendo solo di rimpasto e di spartizione della torta del potere, a fronteggiare politicamente e in termini di scelte di governo, una realtà di drammatica crisi e di aumentato rischio default? Ma non c’è altra strada, insiste. E serve fare presto. Pertanto, “governo e Ars approvino la manovra finanziaria così com’è” per assolvere agli impegni ordinari di spesa. E investano, contestualmente, su una “strategia per la crescita” che manca ancora e che va costruita assieme all’Anci e alle forze economiche e sociali. La Sicilia ha bisogno di una strategia condivisa che, secondo la Cisl, deve essere incentrata su “pochi programmi e progetti da adottare insieme”.
Servono, puntualizza il sindacato: un piano regionale di spending review da affidare a un vero e proprio Cottarelli siciliano: a un commissario che dovrà dare il via a un programma rigoroso di tagli. Perché la ristrutturazione della spesa e il contenimento dei costi di funzionamento e gestione, dagli enti locali alla sanità “ma senza intaccare la qualità dei servizi”, è l’unico modo attraverso cui l’imposizione fiscale può essere ridotta e si può dar corso a politiche di crescita.

Ma assieme alla spending review e a un altrettanto rigoroso piano regionale di ristrutturazione delle società Partecipate (dai rifiuti al trasporto locale), il governo regionale dovrebbe varare in fretta (“entro pochi mesi” precisa la Cisl), “un piano pluriennale anti-crisi che – rimarca – punti a movimentare risorse e ad attrarre dall’esterno investimenti produttivi”. Solo un tale complessivo disegno, spiega il sindacato, può dare credibilità alla Sicilia. E solo una politica che mostri d’essere responsabile e credibile può bussare alle porte del governo nazionale e chiedere, alla luce dei compiti fatti a casa, “una deroga al patto di stabilità e agli stringenti meccanismi della finanza locale”.

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Insomma, sottolinea la Cisl che i prossimi mesi saranno cruciali. E che economia e crisi di liquidità costringono a uno scenario da dopoguerra. E alla ricostruzione post-guerra. Sullo sfondo del fallimento storico dell’Autonomia speciale regionale. Che è un altro capitolo da cancellare, sostiene il sindacato.
Perché finora, rimarca Bernava, più che motore di sviluppo, l’Autonomia speciale, per la politica in salsa siciliana, è stata alibi e zavorra: “alibi perché ha consentito di privilegiare le logiche del consenso spicciolo alla cultura della buona amministrazione e del risultato di gestione”. Zavorra perché ha frenato l’integrazione dell’Isola nei processi europei e globali della modernità.

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