Vernice con scarti pomodoro, una start up “anni ’40”

Vernice con scarti pomodoro, una start up “anni ’40”
3 marzo 2019

Una vecchia pubblicazione risalente all’epoca fascista ‘dimenticata’ nell’archivio di un ente pubblico di ricerca e ‘riesumata’ dopo oltre 60 anni e’ stata la scintilla per una recente scoperta, brevettata in Italia e unica al mondo, nel campo degli imballaggi per alimenti: estrarre dalle bucce di pomodoro un biopolimero, la cutina, utilizzata poi per produrre una vernice completamente naturale da applicare sulle lattine alimentari al posto dei prodotti sintetici, i soli attualmente sul mercato. Nel 1943 durante l’autarchia, il progetto rimasto poi ‘congelato’ tra i faldoni di un archivio, nacque per far fronte all’impossibilita’, in tempo di guerra, di importare il petrolio da cui derivano le vernici. Un progetto attualizzato dopo decenni e trasformato in un perfetto esempio di economia circolare da Angela Montanari, 64 anni, (neo) pensionata fondatrice della start up “Tomapaint”, per anni dipendente della Stazione sperimentale per l’industria delle conserve alimentari (Ssica) di Parma dove casualmente scopri’ il ‘documento rivelatore’.

“Nel 2007 ero in biblioteca e trovai questo antico volume con gli atti di un convegno del 1943 – ha raccontato la startupper all’Agi – dove si descriveva la possibilita’ di produrre vernice per le scatolette da bucce di pomodoro. Cosi’ mi sono incuriosita e ho iniziato una serie di ricerche in laboratorio. Poi ho coinvolto un’azienda del settore e, insieme ad altri partner, abbiamo vinto un progetto europeo e siamo partiti nel 2012″. Le bucce di pomodoro sono scarti delle industrie produttrici di passate, polpa o concentrato. “Noi ritiriamo le bucce – ha spiegato l’imprenditrice – azzerando i costi per le grandi imprese che altrimenti dovrebbero pagare per lo smaltimento. Con questa materia prima, ottenuta gratuitamente, produciamo la bio-resina poi utilizzata per le lattine alimentari con cui si conservano i pomodori stessi, il tonno o i legumi. Le bucce rimaste dopo l’estrazione della cutina, infine, vengono usate anche per produrre bio-gas”. Forte di due finanziamenti Ue di quasi 2 milioni di euro, complessivamente, l’impianto pilota e’ gia’ attivo (a Canneto sull’Oglio, vicino a Mantova) ma come impone la Commissione europea, solo per fini di ricerca. Il piano, pero’, e’ di lanciarsi sul mercato. Per questo la start up ‘Tomapaint’ e’ stata formalmente costituita in questi giorni a Parma e sono iniziati i contatti con aziende e potenziali investitori.

“Il nostro progetto – ha detto Montanari – e’ creare un impianto industriale simile a quello pilota. L’impianto pilota e’ in grado di lavorare 100 chilogrammi di bucce di pomodoro all’ora con una resa del 10 per cento, ovvero, di 10 chili di cutina da cui, poi, derivano circa 25 chilogrammi di vernice”. I costi della bio-resina, rispetto alle vernici sintetiche, incidono di 6 millesimi di euro su ogni barattolo. “La nostra vernice, almeno in questa fase iniziale, costa un po’ di piu’ – ha precisato la startupper – ma l’incidenza sulla singola scatola e’ molta bassa perche’ se ne usa poca. Tuttavia, a parte l’aspetto economico, la bio-resina valorizza gli scarti ed e’ un modello di economia circolare senza contare anche i vantaggi legati alla sicurezza alimentare”. L’ex dipendente della Stazione sperimentale dell’Industria delle Conserve alimentari pur nelle nuove vesti di imprenditrice non ha rinunciato alla ricerca. Infatti con ben 12 milioni di euro finanziati dall’Ue e’ stato vinto, nel 2016, un altro progetto per trasformare l’impianto pilota in una cosiddetta bio-raffineria per lavorare piu’ scarti industriali (quindi non solo le bucce di pomodoro) ottenendo alcune molecole naturali da utilizzare poi in diversi ambiti industriali.

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