Viaggio nella beat generation con la mostra Revolution

19 gennaio 2018

Gli anni Sessanta sono passati alla storia come un periodo che ha cambiato letteralmente il mondo com’era prima, hanno assistito alla nascita di modi di pensare e di vivere completamente opposti, perché di quello c’era bisogno in quel momento, di uno strappo netto e definito da tutto ciò che era convenzionale, predeterminato, appartenente alle regole comuni di una società che ormai era superata. Protagonisti assoluti di un’epoca tanto fondamentale sono stati i giovani, quelli che vengono normalmente ricordati come figli dei fiori, praticanti il sesso libero e facenti uso di ogni tipo di stupefacenti; eppure sono stati proprio loro, la beat generation, ad aver combattuto le battaglie sociali più importanti, a essersi battuti e ad aver lottato per i diritti umani, per contestare contro le guerre in corso, per urlare i diritti delle donne, dei deboli, degli emarginati, dei diversi; e ancora sono stati loro a liberare l’abbigliamento, a determinare l’importanza dell’aggregazione come momento di confronto e unione per perseguire ideali comuni. L’itinerario dell’ampia mostra in corso alla Fabbrica del Vapore a Milano, racconta i cinque anni più rivoluzionari della storia, a partire dal super concerto di Woodstock

(Photo by Baron Wolman/Getty Images)

fino ai Beatles passando per i miti dell’epoca: dalle forme androgine e le pettinature a maschietto di Twiggy e Jean Shrimpton alla minigonna di Mary Quant, ai dischi con le copertine pischedeliche proprio per richiamare quel libero uso di droghe che erano diventate necessarie a gridare il no a tutto ciò che era precedente – simbolo di ribellione assoluta senza però prevederne le conseguenze disastrose che solo più tardi si sono manifestate -, dagli abiti di scena dei Rolling Stones ai guru delle nuove pettinature e di tutte le tendenze che nascevano a Carnaby Street, simbolo ideale di un mondo in cambiamento proprio per la sua voce innovativa. Sono cinquecento gli oggetti che fanno parte della straordinaria esposizione che, prima di Milano, ha avuto luogo al Victoria and Albert Museum di Londra, arricchiti e completati dall’accompagnamento musicale, di sala in sala, legato a ogni tappa di quegli anni rivoluzionari. Il percorso espositivo descrive accuratamente quanti e quali ambiti sono stati toccati dall’onda lunga di quegli anni: la moda assolutamente spogliata dal rigore inamidato di fine anni Cinquanta e della prima metà degli anni Sessanta, la musica in cui si parlava di temi sociali forti e di impatto che in precedenza non erano mai stati affrontati nelle canzoni, le droghe, i locali e la controcultura; i diritti umani su cui costruire una nuova cultura e le proteste di strada; l’attacco al consumismo; i festival; le comunità alternative.

Carnaby Street, Londra, gli hippy di Haight-Ashbury, l’innovazione tecnologica della Bay Area, le proteste del maggio francese, le comuni sparse in tutta l’America, i festival di Woodstock e dell’Isola di Wight, tutto questo e anche di più è accuratamente descritto attraverso ogni tipo di documento, per spiegare ai ragazzi di oggi come erano quelli di ieri, per raccontare quanto doveva alzarsi il boato del coro per provocare un distacco netto da tutto ciò che in quel quinquennio veniva considerato come un limite alla libertà e al diritto di essere diversi, in ogni forma ciò venisse manifestato. Quei ragazzi erano indomabili ottimisti trascinati dall’idealismo che li spingeva a fare fronte comune per sovvertire le strutture di potere in ogni sfera della società. Gran Bretagna, Stati Uniti, Francia e poi anche l’Italia, nessun paese riusciva ad arginare l’oceano dei Peace and Love; le tematiche cantate dai Beatles, dai Rolling Stones, dagli Who, solo per citarne alcuni, grandi uomini che, proprio per il loro sguardo ampio e per desiderare un futuro diverso hanno pagato con la vita, come Papa Giovanni, John Fitzgerald Kennedy, Che Guevara, Martin Luther King.

(Photo By John Littlewood/The Christian Science Monitor via Getty Images)

In Italia, grazie ai grandi cambiamenti avvenuti negli anni Sessanta – il boom economico, l’espansione edilizia, l’enorme vendita di merci grazie anche alla possibilità del pagamento rateizzato – aumentò notevolmente il benessere del cittadino medio, permettendo così un grande aumento delle famiglie che potevano far studiare i propri figli fino all’Università. Dal 1957 al 1967 gli iscritti negli atenei raddoppiarono da duecentomila a oltre quattrocentomila e furono proprio gli studenti ad aderire alla spinta libertaria nata negli Stati Uniti, contestando la cultura tradizionale e borghese, rifiutando la visione del mondo dei padri e degli adulti in generale.

La mostra è stata promossa e coprodotta da Comune di Milano-Cultura, da Fabbrica del Vapore e Avatar – Gruppo MondoMostreSkira, in collaborazione con il Victoria and Albert Museum di Londra, curata da Victoria Broackes e Geoffrey Marsh in collaborazione con Fran Tomasy, uno dei maggiori promoter italiani, colui che per primo portò i Pink Floyd in Italia, Clara Tosi Pamphili, giornalista e storica della moda, e Alberto Tonti, noto critico musicale. Un cammino all’interno di un’epoca incredibile, accompagnato da musica, video, ricordi di cinque anni che hanno profondamente segnato e delineato il futuro che per noi oggi è un presente acquisito ma che, non dobbiamo dimenticare, è frutto delle voci di protesta di chi ne ha scritto le pagine.

REVOLUTION

Fabbrica del Vapore

Via Cesare Procaccini 4, Milano

dal 2 dicembre 2017 al 4 aprile 2018

ORARI

Lunedì dalle 15:00 alle 20:00
Giovedì dalle 10:00 alle 22:00
Martedì, mercoledì, venerdì, sabato e domenica dalle 10:00 alle 20:00

COSTI

Intero    €  16,00

Ridotto €  14,00

CONTATTI

Tel.: 892234

Sito web: www.mostrarevolution.it

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