Vigilia congresso in attesa Minniti-Martina. Renzi: “Mio ciclo è chiuso”. E guarda alle Europee

Vigilia congresso in attesa Minniti-Martina. Renzi: “Mio ciclo è chiuso”. E guarda alle Europee
Matteo Renzi
11 novembre 2018

Nicola Zingaretti è partito da tempo. Marco Minniti scioglierà in settimana. E Maurizio Martina, ieri all’assemblea degli under 35 dem, per la prima volta smette i panni del segretario ‘unitario’ tenuto in questi mesi e si propone con un intervento, nei toni (con un duro attacco a Matteo Renzi) e nella sostanza (con una precisa piattaforma programmatica) che molto somiglia a una discesa in campo. Del resto, si fa sapere, è forte la pressione sul segretario uscente per una candidatura che “provi a salvare l’unità del Pd, aprendo a nuove energie del centrosinistra ed evitando le derive estreme e lo scontro renziani-antirenziani”.

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Insomma, a una settimana dall’assemblea nazionale che darà il via ufficiale al congresso Pd, la griglia di partenza va delineandosi. E le premesse sono quelle di un confronto che rischia di essere aspro per i dem, se non lacerante visto lo ‘sfogatoio’ dei renziani a Salsomaggiore. C’è stata l’evocazione della scissione in quella riunione, il possibile addio a un partito che “rischia di tornare al Pds” in caso di vittoria di Zingaretti. Lo hanno accennato Roberto Giachetti, Beppe Fioroni, Sandro Gozi, Luigi Marattin e anche Ettore Rosato. Al di là dello sfogo, la sintesi della riunione (‘non è una corrente’, ripete l’ex-premier) è che per ora si sta nel Pd e si partecipa al congresso sostenendo Minniti. Senza troppa enfasi, però. L’assenza del probabile candidato non è piaciuta a molti in platea. “Lo dovremmo sostenere e nemmeno si presenta”, il commento in sala. Andrea Marcucci ha posto alcune ‘condizioni’ per l’appoggio a Minniti: una piattaforma riformista in continuità con le politiche di Renzi e una lista d’area al congresso.

Per i renziani, però, la vera cartina tornasole saranno le Europee. Il posizionamento del Pd in quella competizione sarà decisivo. Ed è lo stesso Renzi a lasciarlo intendere quando dice rivolgendosi alle “anime belle delle sinistra”: “Macron non è il nostro avversario ma il nostro principale alleato” contro i sovranisti. Dice Renzi: “La Merkel è debole, in Spagna c’è un governo di minoranza, la Gran Bretagna è fuori: se in questo quadro l’avversario è Macron, come vorrebbe Salvini, significa che non capiamo che Macron è il nostro principale alleato per un’Europa di valori democratici”. “Lo vorrei dire chiaramente alle anime belle della sinistra: io tra Macron e Le Pen non ho alcun dubbio da che parte sto”. Viceversa, “se la sinistra europea sono Corbyn e Melenchon, io non sono la sinistra europea”.

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E poi più specificamente sul congresso, l’ex-segretario frena i malumori dei suoi: “Il mondo non inizia con questo congresso e non finisce con questo congresso. Non mi interessa sconfiggere Zingaretti, ma la barbarie del pensiero grillo-leghista. Cosa ci spinge a muoverci? L’idea di organizzare una corrente? No, è la passione per la politica” e “tutto quello che contribuisce a difendere il riformismo è benvenuto”. “Noi non vogliamo costruirci uno strapuntino dentro il Pd ma ravvivare in noi la politica come luogo di confronto”. “Non dico di azzerare la discussione interna, né chiedo cose contro natura come non preoccuparsi del congresso ma diamo importanza alla bellezza delle politica avendo l’entusiasmo e la dignità di chi sa di aver fatto un bel pezzo di strada e che il meglio deve ancora venire”.

Ancora Renzi. “Sono totalmente fuori dalle discussioni interne al Pd e il mio ciclo alla guida del partito è chiuso. Ho vinto due volte le primarie con il settanta per cento dei voti e per due volte, il giorno dopo, sono stato bersaglio del fuoco amico. C`é una parte importante del gruppo dirigente a cui non ha dato noia il fatto che io abbia perso il referendum, ma che abbia vinto le elezioni europee. Sa cosa penso: se ci fosse stata più coesione le cose non sarebbero andate così, ma qualcuno tra i miei ha preferito fare la guerra al Matteo sbagliato”, conclude l’ex premier.

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A Roma, intanto, mentre Renzi riuniva i suoi a Salsomaggiore, Zingaretti e Martina hanno partecipato all’assemblea ‘CentoFiori’ degli under 35 dem. Ed entrambi non hanno avuto parole tenere per l’ex-premier, entrambi non chiedono abiure ma nello stesso tempo vogliono un Pd che cambi pagina. Nessun continuismo con l’era renziana. “Una delle tragedie del Pd alle nostre spalle è stata un’idea autoritaria del confronto, si andava a distruggere le persone che avevano idee diverse. Ora possiamo aprire una pagina nuova e questa può partire solo dal confronto”, attacca Zingaretti. E Martina: “Il congresso deve segnare l’inizio di una nuova stagione”.

“Non possiamo presentarci dopo il 4 marzo e dire che non dobbiamo chiedere scusa a nessuno. Ma che risposta è? Ma che arroganza? Non perché io abbia in testa abiure ma proprio perché sono geloso del lavoro fatto, io voglio capire cosa non è andato. Il congresso sarà lo strumento per rimettere a fuoco un progetto, un campo, le parole d’ordine” anche “radicali”. Dentro al Pd “abbiamo un problema di rapporti umani. Come può essere credibile un partito che non trasferisce all’esterno un senso di amicizia, di umanità”. E infine su Renzi, Martina si toglie qualche sassolino dalla scarpa: “Non deve accadere mai più che quando si chiude la Festa nazionale dell’unità, ci sia chi in un altra parte d’Italia faccia altro. Non deve accadere mai più che prima della Direzione, uno va in Tv a decidere per gli altri. Non deve accadere mai più che quando il partito presenta una contromanovra, altri ne annuncino un’altra ancora”.

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