Dopo voto deludente May sacrifica due suoi consiglieri. Parte l’attacco al premier

Dopo voto deludente May sacrifica due suoi consiglieri. Parte l’attacco al premier
11 giugno 2017

La premier britannica Theresa May ha dovuto sacrificare due dei suoi più stretti collaboratori, mentre cerca di restare in sella dopo il deludente risultato elettorale che ha visto i conservatori perdere la maggioranza e essere costretti a cercare un governo di coalizione. Molti dei membri del suo partito di alto livello hanno messo le mani avanti rispetto a un cambio di leader immediato, dicendo che questo rischia di causare ulteriori danni in vista dei negoziati per la Brexit, che dovrebbero iniziare non prima del 19 giugno. Tuttavia, secondo molti, i giorni di May come capo dei Tory e quindi come capo del governo sono contati. I media britannici suggeriscono che le figure principali del partito hanno chiesto la testa dei due capi di gabinetto di May, Nick Timothy e Fiona Hill, che sono stati gli strateghi della sfortunata scelta di andare a elezioni con tre anni d’anticipo rispetto alla scadenza naturale. May ha annunciato che cercherà di formare un governo di minoranza con l’aiuto di un piccolo partito nordirlandese, l’ultraconservatore Democratic Unionist Party (DUP). Ha mandato a Belfast Gavin Williamson, il coordinatore dei parlamentari conservatori, per trattare con gli unionisti “su come possano al meglio fornire sostegno al governo”, ha spiegato un portavoce. La premier, dopo la battuta d’arresto del voto di giovedì, ha espresso dispiacere, ma ha rifiutato di ammettere che il suo azzardo elettorale si è rivelato un boomerang.

Ma, su questo, i media britannici sono stati univoci e danno alla leader poche chance di abitare a lungo al 10 di Downing Street. Le dimissioni di Timothy e Hill sono un colpo personale a May. Il primo ha assunto la responsabilità per il programma conservatore, con i tagli pesanti allo stato sociale che sono stati considerati tra i principali fattori della battuta d’arresto. Un portavoce del partito ha inoltre confermato le dimissioni di Hill, una donna dal carattere combattivo che, secondo un ex collega, ha contribuito a creare un’atmosfera “tossica” all’interno del governo. Intanto May si prepara a nominare il resto del governo, dopo aver rivelato ieri che cinque dei principali ministri resteranno al loro posto. Prima delle elezioni ci si attendeva che avrebbe silurato il ministro delle Finanze Philip Hammond per un presunto scontro sulla strategia da adottare per la brexit. Ma l’ex leader del partito William Hague ha sottolineato che “gli elettori non vogliono ulteriori mesi di incertezza e instabilità”. I conservatori hanno ottenuto 318 seggi rispetto ai 331 del 2015 e hanno così perso la maggioranza assoluta, mentre i laburisti di Jeremy Corbyn hanno vinto più poltrone parlamentari, arrivando molto vicini in percentuale ai rivali Tory.

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La leader del DUP, Arlene Foster (foto), ha detto venerdì che è pronta a discutere coi conservatori su come “possa essere possibile dare stabilità alla nostra nazione”. Tuttavia la leader conservatrice scozzese Ruth Davisdon, che è gay, ha espresso inquietudine per un accordo col DUP, che è contro l’aborto e i diritti omosessuali. Diverse centinaia di persone, molte dei quali militanti laburisti, hanno manifestato a Londra contro la potenziale alleanza, definendo “razzista, sessista, anti-gay” il DUP. Un accordo con gli unionisti del DUP, inoltre, rischia di mettere a rischio la neutralità di Londra in Irlanda del Nord, che è fondamentale per il sempre delicato bilanciamento dei poteri in una provincia una volta scenario di violenze. Sulla Brexit, il DUP sostiene l’abbandono dell’Ue ma è contrario a un ritorno a un confine “duro” con l’Irlanda, un’ipotesi che si verificherebbe in caso May lascisse le trattative piuttosto che accettare un “cattivo accordo”, come ha minacciato. Il nuovo parlamento si riunirà il 13 giugno, ma il test reale per May è probabilmente quello del 19 giugno, quando dovrà mostrare di avere sufficiente sostegno per far passare il suo programma legislativo. Il presidente della Commissione europea Donald Tusk, dal canto suo, ha chiarito che non c’è “tempo da perdere” e che i colloqui per la Brexit dovranno iniziare, dopo che la May stessa ha avviato il 29 marzo il count-down di due anni per la decadenza dell’adesione britannica all’unione.

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