Dopo il voto sempre Gentiloni. Entro fine anno, premier al Colle

Dopo il voto sempre Gentiloni. Entro fine anno, premier al Colle
Palazzo del Quirinale, residenza ufficiale del Presidente della Repubblica
17 dicembre 2017

Le Camere devono essere ancora sciolte ma la campagna elettorale é ormai avviata. Da un lato i partiti che rilanciano su argomenti più vari (pensioni, banche, migranti, vitalizi) e dall’altra il capo dello Stato Sergio Mattarella, spettatore interessato allo svolgimento della situazione. Mattarella, sembra ormai assodato, scioglierà le Camere dopo l’approvazione della manovra. La data non é nota ma dovrebbe essere entro Capodanno. Dopo toccherà al governo stabilire la data delle elezioni, che potrebbe essere il prossimo 4 marzo. La situazione che ha di fronte il Colle é sicuramente inedita. Nessuna delle forze politiche in campo riuscirà da sola, a meno di clamorose novità, a raggiungere quanto richiesto dalla legge elettorale per avere la maggioranza in Parlamento e quindi per poter formare un governo. Una situazione in cui il partito che prenderà più voti (potrebbe essere il Movimento 5 Stelle) non é detto che possa andare a Palazzo Chigi. Di fronte a questo quadro il capo dello Stato non ha predisposto alcun piano, non ha definito alcuno schema di intervento. Come è noto Mattarella non è uso prendere decisioni sulla base di sondaggi. A maggior ragione se, come si diceva, il risultato elettorale è tutt’altro che scontato. La strada che verrà quindi seguita dal Quirinale non potrà che tenere conto di alcuni elementi: i risultati del voto, la ripartizione dei seggi e la volontà delle forze politiche. Tutte cose che evidentemente si conosceranno dopo le elezioni.

Dopo il voto, entro 20 giorni, si dovranno insediare le nuove Camere che procederanno alle elezioni dei rispettivi presidenti e alla formazione dei gruppi parlamentari. Le trattative per la scelta di chi guiderà il Senato e la Camera sarà il primo passaggio dal quale il capo dello Stato potrà capire quali siano i livelli di accordo tra i partiti. Sarà poi la volta della formazione dei gruppi parlamentari. Una volta portati a compimento questi passaggi Mattarella comincerà le consultazioni per capire quale possa essere, e se esista, la maggioranza in grado di sostenere un governo. Ma non é detto, viste le premesse, che il passaggio possa avere esito positivo. Di fronte ad uno stallo il presidente della Repubblica, dopo aver con ogni probabilità consultato nuovamente i partiti, potrebbe non dare un incarico formale ma un incarico esplorativo per tentare di capire quale possa essere la maggioranza più solida per sostenere un esecutivo. Solo se da questa esplorazione dovesse emergere una personalità in grado di ottenere una solida maggioranza in Parlamento, Mattarella darebbe formale incarico e manderebbe il possibile premier alle camere per l’ottenimento della fiducia.

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Di fronte a un tale quadro però usare il condizionale è d’obbligo. Tali sono le incognite che si presentano che fare previsioni risulterebbe sicuramente un esercizio azzardato. La prova che la situazione sia ingarbugliata è data dalla possibilità che il premier Paolo Gentiloni, quando andrà al Quirinale (presumibilmente fra il 28 e il 29 dicembre) per comunicare di aver concluso il suo mandato non lo farà rassegnando le dimissioni. Sarà un premier non sfiduciato dalle camere e quindi certamente in carica per gli “affari correnti” ma in grado di lavorare e prendere decisioni. Sarà insomma un premier a tutti gli effetti. Una scelta questa che si renderebbe necessaria appunto vista l’indeterminatezza del dopo voto. Avere cioè un governo con pieni poteri in attesa di trovare una maggioranza in grado di esprimerne uno nuovo. Ecco allora di fronte alle incognite in cui si troverà il paese il giorno dopo il voto, l’atteggiamento del presidente della Repubblica: nessun piano B, nessun piano precostituito in virtù di quanto emerge dai sondaggi ma solo attesa di quanto accadrà con il voto.

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