Zingaretti si prenota a primarie, tregua in Pd

Zingaretti si prenota a primarie, tregua in Pd
Il governatore del Lazio e aspirante segretario Pd, Nicola Zingaretti
9 marzo 2018

Mentre Carlo Calenda è impegnato da giorni – tutti quelli successivi all’annuncio della sua iscrizione al Pd – a giurare che non farà il segretario, il neo governatore bis del Lazio Nicola Zingaretti assicura che lui “anche alle primarie” Dem ci sarà. E lancia un mantra: “rigenerazione”, non solo del Pd “ma di tutta la sinistra” “e senza accordi calati dall’altro ma aprendo un canale di confronto vero e forte”. Guarda avanti Zingaretti, verso “un congresso delle idee e non un referendum tra persone”. Musica per le minoranze Dem che, anche se con accenti diversi, hanno criticato, anche in questi giorni, la “dittatura della maggioranza” del Pd renziano e ribadito la lezione di un partito plurale, rispettoso delle differenze, capace di aprire un canale di dialogo a sinistra. Difatti la mossa di Zingaretti consente di fare intravedere un percorso e, forse, di arrivare alla direzione nazionale di lunedì prossimo con una tregua rispetto alle polemiche degli ultimi giorni anche sulle dimissioni di Matteo Renzi. Che dovrebbe essere presente, da segretario dimissionario, all’appuntamento di lunedì, che sarà aperto dalla relazione del vice segretario Maurizio Martina e che rappresenta il primo passo verso il ‘nuovo’ Pd. Tutti d’accordo infatti nell’affidare da lunedì la reggenza allo stesso Martina, vicesegretario in carica, per una transizione non traumatica nel “dopo Renzi” In direzione, infatti, si discuterà anche della data per l’assemblea nazionale – che potrebbe cadere ad aprile – e, come ha ricordato il presidente del partito Matteo Orfini, “delle scelte politiche che il Pd dovrà assumere nelle prossime settimane”. Uno scenario che circola è quello di un segretario ‘di transizione’, eletto dall’assemblea, che è il corpo sovrano del partito, che accompagni il Pd fino all’elezione, con le primarie, di un nuovo segretario.

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Schema già sperimentato nel 2013 con la reggenza di Guglielmo Epifani e che, a quanto si spiega, sarebbe privilegiato in caso di un ritorno alle urne in autunno. Ad ogni modo, volendo accogliere il suggerimento del politologo Edward Luttwak – quello che nel 2016 disse che Renzi poteva uscire “dal pantano solo lasciando a casa le ragazzine e i dilettanti e circondandosi di personaggi qualificati” – Zingaretti che “è capace, moderato, senza stravaganze”, “deve farsi avanti”, “non c’è tempo da perdere”. Il governatore ottiene un plauso anche da Sergio Chiamparino (“potrebbe essere una candidatura su cui investire per ricostruire un campo democratico e di sinistra in Italia”) e dal ministro uscente Andrea Orlando, esponente della minoranza, secondo il quale il passo avanti di Zingaretti “è una buona notizia”, “con Nicola concorderemo tuti i prossimi passaggi e le scelte che faremo. Inizieremo a partire da quelle”. Per la prima volta, dopo mesi di attacchi, anche da Liberi e Uguali giunge un segnale di distensione e Paolo Cento definisce una eventuale candidatura di Zingaretti alla segreteria una “buona notizia” “dopo la sconfitta di Renzi e di una politica decennale”. Butta acqua sul fuoco a conferma di una possibile tregua nel partito, scosso dal duro responso delle urne, lo stesso Piero Fassino secondo il quale “lunedì la direzione del Pd non sarà una seduta drammatica” ma ci sarà una riflessione seria, “unitaria”, “senza spaccature” e senza “questa enfasi nevrotico-mediatica a cui siamo stati abituati in questi anni” e che “ha orientato sicuramente una parte degli elettori”. Insomma, un altro Pd.

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