Cronaca

I 100 anni da Rivoluzione. Ecco perché la Russia non festeggia

“Bisogna capire che la gente è stanca delle tragedie e non bisogna continuare a rimarcare”. Così il politologo, Sergey Markov, considerato vicino a Vladimir Putin spiega il quasi totale disinteresse del potere centrale russo per il centesimo anniversario della Rivoluzione d’Ottobre che cade tra oggi e domani. “La popolazione sostiene questa posizione, del governo e di Putin”, aggiunge. Secondo Markov “le persone non vogliono più guardare dentro la tragedia, sono stanche di vedere davanti ai loro occhi tragedie, vogliono dimenticarle e cercare di guardare avanti”. Anche se la rivoluzione era una Rivoluzione proletaria. Cioè arrivava dal popolo. “La gente non pensa a questo e non vuole neanche capire se è stata una rivoluzione del popolo o è stata una rivoluzione dei diavoli bolschevichi. Per la gente è importante principalmente che sia stata una tragedia terribile, orribile, e quindi non la vuole più vedere, la vuole dimenticare. E questo di fondo è il vero motivo per cui non si dà molto spazio”. Giusto una settimana fa sembravano scolpite ne marmo le parole di Dmitry Peskov, portavoce del Cremlino. Alla domanda della stampa se c’era un motivo per celebrazioni tanto sottotono, l’ineffabile segretario stampa ha replicato: “Non ho capito la domanda: cosa c’è da festeggiare?”. A colpire non è tanto che questo 7 dicembre passi sotto silenzio. Piuttosto come uno degli eventi storici più simbolici e celebrati, si sia trasformato in un episodio imbarazzante e poco necessario. E lo si vede dagli atti. Putin pochi anni fa promosse la rilettura del lavoro svolto da Piotr Stolypin, riferimento all`epoca zarista, che ha un senso molto pieno oggi. “Stolypin, bisogna innanzitutto capire chi è” prosegue Markov.

“È stato un enorme promotore di riforme per migliorare lo stato e il suo funzionamento, e contemporaneamente fu particolarmente severo e usò il pugno di ferro contro chi queste riforme voleva fermarle e contro quelle spinte rivoluzionarie, diversive che volevano intaccare e fare del male allo stato. In questo senso Stolypin è assolutamente un esempio più che importante e più che significativo. Da una parte avanti con le riforme e dall`altra basta con la rivoluzione”. E che sia “basta con la rivoluzione” ci si accorge anche in questi giorni con gli interventi tempestivi delle forze dell’ordine contro chi voleva scendere in piazza. In tutto quasi 330 fermi, tra Mosca e San Pietroburgo. “Il Cremlino, se da una parte vuole quello che dicevamo prima, dall`altra cerca qualcosa che non riguardi la rivoluzione” continua il politologo. “Cerca qualcosa che unisca la società. La società ha vissuto già troppe tragedie e ha bisogno di elementi che la rinsaldino. Come ad esempio può essere anche la corsa allo spazio, Yurij Gararin, altri elementi oppure ovviamente la grandissima vittoria nella II guerra mondiale, quella che noi chiamiamo la vittoria nella grande guerra patriottica. Ecco questi elementi sono da incentivare, mentre invece quello che riguarda la tragedia, quello che non rappresenta un collante per la società, è giusto metterlo nell`angolo, se non nel dimenticatoio”. Di tutt’altro parere Boris Kashin, esponente del Comitato centrale del Partito comunista della Federazione russa. Il partito comunista aveva annunciato che avrebbe celebrato il 1917. Ma c`è davvero voglia di celebrare quel periodo o la politica oggi preferisce lasciare quel periodo davvero alle spalle?

“Prima di tutto – dice Kashin – bisogna capire che cosa sia quel periodo. Quel periodo viene valutato da Zinoviev un filosofo molto importante e che ha vissuto molto tempo all`estero, come l`apice della storia della Russia. E in effetti la rivoluzione è stata un momento molto importante per la storia del XX secolo. Peraltro la rivoluzione ha liberato milioni di persone. A me capita anche di andare in posti sperduti, persino nella campagna del Nepal si ricordano l`importanza, il significato di questo evento. E per questo secondo me bisogna assolutamente ricordare e festeggiarlo”. Perché allora non si vede in città, a Mosca, non si percepisce che c`è un momento storico assolutamente unico da ricordare e da comprendere? “È una questione molto complessa. In primo luogo bisogna dire che Lenin e Stalin rimangono ancora secondo i sondaggi le figure più popolari e conosciute in Russia. C`è anche un`altra questione, ovvero il rapporto che con quel periodo hanno le nostre autorità, che io vorrei dire hanno un rapporto che definirei anti popolare, in questo senso. E poi bisogna anche vedere quello che succede in altri paesi. Partiamo ad esempio dall`Ucraina: che fine fanno i monumenti dedicati a Stalin e Lenin e comunque quelli che ricordano il periodo sovietico. Devo dire che appena gli americani ci mettono le mani, succedono queste cose”. Kashin sottolinea poi che “ci sono molti colleghi che prima lavoravano qua e che hanno deciso di lasciare questo paese per andare in America. E hanno fatto domanda per diventare cittadini degli Stati Uniti. Ma come è noto bisogna compilare un questionario e rispondere ad alcune domande. Una di queste è: qual è stato il principale nemico degli Stati Uniti nel XX secolo? La risposta giusta è il comunismo”. E questa, è la chiave di volta. “Si capisce da questo che c`è un forte influsso antisovietico che non è soltanto laggiù, ma anche qua da noi”.

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