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3I/Atlas, la cometa aliena che brilla nell’invisibile

Non era mai successo prima. Una cometa proveniente da oltre i confini del sistema solare emette raggi X. La scoperta, annunciata dalla missione XRISM di Jaxa, Nasa ed Esa, segna una svolta nello studio degli oggetti interstellari. 3I/Atlas, questo il nome dell’astro errante individuato lo scorso luglio, si è rivelata ben più complessa del previsto. E ora che ha raggiunto il punto di massimo avvicinamento alla Terra, transitando a 270 milioni di chilometri dal nostro pianeta alle 07:02 di ieri mattina, gli astronomi hanno potuto confermare: si tratta del primo visitatore alieno a mostrare questo comportamento energetico.

Il fenomeno ha sorpreso la comunità scientifica. Fino a oggi nessun oggetto proveniente da un altro sistema stellare aveva mai mostrato emissioni di raggi X. La rilevazione è stata possibile grazie all’imager Xtend, che ha registrato un debole ma esteso bagliore attorno alla cometa: un alone di circa 400.000 chilometri, troppo vasto per essere un semplice artefatto strumentale. Sedici ore di osservazione ininterrotta hanno permesso di raccogliere uno spettro ricco di dettagli: carbonio, azoto, ossigeno. Elementi che raccontano la storia di un corpo celeste formatosi miliardi di anni fa, lontano dalla nostra galassia.

Il perigeo a distanza di sicurezza

Occorre sgombrare il campo da equivoci. Quando si parla di “massimo avvicinamento” non si intende una minaccia. I calcoli di Nasa ed Esa indicano che 3I/Atlas ha ridotto la sua distanza dalla Terra fino a 270 milioni di chilometri, un intervallo circa 700 volte superiore a quello che separa il nostro pianeta dalla Luna. Per fare un paragone: è persino maggiore della distanza media da Marte, stimata in 225 milioni di chilometri. Nessun rischio, dunque. Soltanto un’opportunità irripetibile per studiare da vicino un visitatore cosmico.

L’oggetto ha un diametro compreso tra 10 e 30 chilometri ed è dotato di coda e chioma, lo strato gassoso che avvolge il nucleo. La magnitudine apparente è però molto bassa, circa +11 al momento del perigeo e ora scesa a +15. Impossibile scorgerla a occhio nudo. Servono telescopi di almeno 20 centimetri di apertura o binocoli 25×100, gli stessi utilizzati per osservare stelle deboli negli ammassi globulari. Con questi strumenti la cometa appare come una nube luminosa, sfumata. Con pazienza e cielo limpido si riesce a distinguere anche la coda.

Composizione unica e origine antichissima

A novembre la Nasa ha definitivamente escluso qualsiasi ipotesi di origine tecnologica. 3I/Atlas è un corpo naturale, ma la sua composizione è unica nel panorama del sistema solare. Le osservazioni spettroscopiche condotte con il telescopio spaziale James Webb hanno rivelato una coma ricca di anidride carbonica, con tracce di acqua, monossido di carbonio e altre specie volatili. L’analisi astrometrica suggerisce un’età straordinaria: circa 7 miliardi di anni, più antica del nostro stesso sistema solare.

Un oggetto formatosi probabilmente nel disco spesso della Via Lattea, in un sistema stellare ormai lontanissimo.
Il nucleo misura meno di un chilometro di diametro. Massa e rotazione sono state ricavate da misure fotometriche e dinamiche orbitali. Dal 27 novembre l’International Asteroid Warning Network ha avviato un monitoraggio costante che proseguirà fino al 27 gennaio 2026. Non si attendono sorprese clamorose, ma ogni dato raccolto contribuisce a migliorare i modelli di formazione planetaria e a comprendere meglio la natura degli oggetti interstellari.

Il passaggio al perielio e la campagna osservativa

Il perigeo è avvenuto alcune settimane dopo il perielio, il punto di massimo avvicinamento al Sole raggiunto il 29 ottobre scorso. In quel momento 3I/Atlas ha percorso la parte più interna della sua traiettoria iperbolica, una curva che non la lega gravitazionalmente alla nostra stella. Caratteristica inequivocabile di un’origine esterna. La scoperta risale ai primi di luglio 2025, quando il sistema di allerta Terrestrial-impact Last Alert System in Cile ne ha intercettato il transito. Da allora è iniziata una campagna osservativa senza precedenti, che ha coinvolto osservatori professionali e amatoriali in tutto il mondo.

Il transito ravvicinato ha offerto poco spettacolo visivo, data la bassa luminosità, ma ha permesso analisi dettagliate. Morfologia della chioma, composizione dei gas emessi, dinamica della coda: ogni aspetto è stato scandagliato. I dati raccolti continuano a essere elaborati dai team di ricerca. Dal punto di vista dinamico, 3I/Atlas mostra tutti i segni di una cometa attiva: il nucleo di ghiaccio, riscaldato dal Sole, sublima liberando gas e polveri che formano la caratteristica coma e la coda.

Il verde inatteso e l’enigma dell’anti-coda

Durante le settimane precedenti il massimo avvicinamento, 3I/Atlas ha mostrato comportamenti insoliti. Il più evidente: il cambiamento di colore della chioma. Dopo il passaggio vicino al Sole, la cometa è riapparsa con una tonalità verde brillante, in netto contrasto con il rossastro dei mesi precedenti. Nulla di anomalo, spiegano gli esperti. Si tratta di carbonio biatomico nella chioma, una molecola che emette luce verde quando viene attivata dal calore solare. Il fenomeno indica la sublimazione di strati più interni del nucleo, raggiunti dall’energia termica durante il perielio.

Più intrigante l’anti-coda, una sottile struttura di polveri che si estende verso il Sole anziché in direzione opposta, come dovrebbe. Non è un semplice effetto prospettico. Gli astronomi ipotizzano che alcune regioni del nucleo, particolarmente attive, stiano rilasciando detriti di dimensioni maggiori. Questi materiali, troppo pesanti per essere spinti via dal vento solare come le polveri leggere, restano vicini alla cometa. Osservati frontalmente creano l’illusione di una “coda al contrario”. Fenomeno raro ma non sconosciuto: accade anche in alcune comete del sistema solare.

Le ultime occasioni per l’osservazione

Il momento migliore per osservarla era quello del perielio, quando la luminosità era massima. Ora 3I/Atlas si sta allontanando e le occasioni si riducono. Queste potrebbero essere le ultime notti favorevoli. La cometa si trova nella costellazione del Leone, sorge intorno alle 23:00 dall’orizzonte est e raggiunge i 51 gradi di altezza verso le 5:00 del mattino. La magnitudine attuale, però, è scesa a 15.2. Serve un telescopio da almeno 20 centimetri e un cielo buio, lontano dall’inquinamento luminoso. Occhio nudo e binocoli non bastano.

Chi non dispone della strumentazione può seguire l’evento online. Il Virtual Telescope Project, guidato dall’astrofisico Gianluca Masi, trasmette una diretta questa mattina alle 5:00, meteo permettendo. Dopo il perigeo terrestre, 3I/Atlas prosegue la sua traiettoria verso l’esterno del sistema solare. La prossima tappa significativa sarà marzo 2026, quando passerà a 0.36 Unità Astronomiche da Giove. Poi via via più lontano: Saturno, Urano, Nettuno. Oltre l’ultimo pianeta, l’uscita definitiva. Senza ritorno.

L’addio al sistema solare e i futuri incontri

Durante l’allontanamento l’attività cometaria si ridurrà progressivamente. Meno energia solare significa meno sublimazione, quindi chioma e coda sempre più deboli. Gli astronomi però continueranno a seguirla con strumenti terrestri e spaziali. L’obiettivo è raccogliere dati sulla traiettoria, sui gas residui, sull’interazione con l’ambiente del sistema solare esterno. Studiare il comportamento di 3I/Atlas in questa fase aiuterà a perfezionare le tecniche osservative per i rari oggetti interstellari.

Servirà anche come preparazione. I prossimi visitatori potrebbero essere più vicini, più luminosi, più attivi. Il Vera C. Rubin Observatory in Cile, operativo dal 2026, ne scoprirà in gran numero grazie alla sua capacità di scandagliare il cielo profondo. La missione Comet Interceptor dell’Esa, il cui lancio è previsto per il 2029, potrebbe addirittura intercettarne uno e osservarlo da distanza ravvicinata. Un salto tecnologico che cambierà il modo di studiare questi messaggeri cosmici.

Raggi X: il segreto nascosto nella chioma

La vera rivelazione è arrivata dai dati di XRISM. Gli strumenti della missione congiunta hanno registrato un bagliore inatteso: raggi X provenienti dalla cometa. Un alone diffuso di circa 400.000 chilometri, rilevato dopo 17 ore di esposizione. Prima di allora gli astronomi hanno dovuto attendere che 3I/Atlas si allontanasse abbastanza dal Sole per evitare interferenze. Quando finalmente hanno potuto puntare l’imager Xtend, i risultati hanno superato ogni aspettativa.

Il fisico Avi Loeb ha sottolineato come lo spettro raccolto mostri segnali di carbonio, azoto e ossigeno, oltre all’emissione diffusa della Via Lattea. Nulla di artificiale o misterioso, precisano gli esperti. Si tratta di un fenomeno noto nelle comete del sistema solare, solo mai osservato prima in un oggetto interstellare. L’emissione di raggi X nelle comete è infatti più comune di quanto si creda, anche se la fisica sottostante resta affascinante.

La reazione che accende l’invisibile

Il meccanismo si chiama reazione di scambio di carica. Funziona così: una particella carica del vento solare, tipicamente uno ione positivo, colpisce un atomo o una molecola neutra nella chioma cometaria. In questa collisione lo ione cattura un elettrone, finendo in uno stato energetico instabile. Per riequilibrarsi emette un fotone X. Processo rapido, violento, che si ripete miliardi di volte al secondo quando il vento solare attraversa la nube gassosa che avvolge la cometa. La chioma è l’ambiente ideale.

Quando l’astro si avvicina al Sole, i ghiacci sublimano liberando enormi quantità di gas e polveri. In questa nube illuminata e riscaldata il vento solare interagisce generando temperature di milioni di gradi. Le emissioni energetiche che ne derivano sono deboli ma misurabili, e raccontano molto sulla composizione chimica dell’oggetto. Ogni dettaglio è un tassello del puzzle: capire come si formano le comete interstellari, dove nascono, quanto sono antiche. Domande che 3I/Atlas sta contribuendo a risolvere, un fotone X alla volta.

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Redazione