Ong: 400 mercenari siriani inviati in Libia “entrati” in Italia

Ong: 400 mercenari siriani inviati in Libia “entrati” in Italia
29 giugno 2020

Quattrocento combattenti delle fazioni jihadiste siriane inviati dalla Turchia in Libia sarebbero “arrivati illegalmente in Europa attraverso l’Italia”. E’ quanto scrive oggi il sito online dell’Osservatorio siriano per i diritti umani, una ong con sede a Londra ma che conta su una estesa rete di attivisti in tutto il Paese. In un comunicato sul numero di combattenti siriani giunti in Libia per dare man forte al governo d’Accordo nazionale di Tripoli nella sua guerra contro le milizie del generale Khalifa Haftar, questa ong scrive oggi che tra questi mercenari “ci sono anche circa 300 ragazzi tra 14 e 15 anni in gran parte della Divisione Sultan Murad”, dell’Esercito Nazionale Siriano (armata creata e finanziata da Ankara contro il regime di Damasco) sono stati reclutati dopo essere stati tentati da soldi dati dai turchi approfittando delle loro difficili condizioni economiche”. Inoltre – mette per inciso l’Osservatorio – “400 di questi mercenari hanno usato il viaggio verso la Libia come pretesto per raggiunere l’Europa e sono entrati nel continente in modo illegale attraverso l’Italia”.

Intanto, mentre l’esercito turco e i mercenari tagliagole jihadisti avanzano alla conquista della Libia dopo aver invaso impunemente la Siria e il Rojava kurdo, in Turchia si sta compiendo definitivamente un colpo di stato islamo-fascista, dopo che il presidente Recep Tayyip Erdoğan ha liquidato l’opposizione e la libera stampa. Il Partiya Demokratik a Gelan (HDP, Partito democratico dei popoli) ha annunciato che il 15 giugno inizierà il suo “programma di lotta democratica” con una marcia di 5 giorni ad Ankara. La scorsa settimana, anche se decimato dall’arresto dei suoi parlamentari e attivisti, l’HDP aveva presentato la sua road map con le linee guida strategiche contro il corso autoritario-autocratico dello Stato e del governo Erdoğan e ha fatto appello a tutte le forze democratiche turche trovare sinergie comuni.

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Il regime islamista aveva appena dichiarato la decadenza dei deputati dell’HDP Leyla Güven e Musa Farisoğulları e li aveva messi in carcere, per questo l’attuazione della road map dell’HDP è stata accelerata. La marcia verso Ankara sarà organizzata con lo slogan “Marcia democratica contro il colpo di stato” e partirà da Edirne, la principale città più occidentale della Turchia, dove è imprigionato l’ex co-presidente dell’HDP Selahattin Demirtaş, e da Hakkari, il collegio elettorale kurdo di Leyla Güven, vicino al triangolo di confine Turchia-Iraq-Iran. Lungo l’itinerario della marcia contro l’autoritarismo di Erdoğan ci sono metropoli come Istanbul, Van, Amed – Diyarbaki e Adana e in tutte le città sono previsti incontri con la popolazione, organizzazioni della società civile e istituzioni. La marcia dell’HDP non si limiterà alle città curde o ai settori kurdi della popolazione, ma si dirigerà anche nella regione del Mar Nero, dove svolgerà varie iniziative. Nella provincia di Hatay, nel sud del paese, che confina con la Siria, sono anche programmate attività e incontri sullo sfondo del conflitto che dura da 9 anni.

Dopo il fallito – provvidenziale per Erdoğan – colpo di stato del 15 luglio 2016, il regime turco ha dichiarato lo stato di emergenza che ha rinnovato ogni 3 mesi per 2 anni. L’opposizione democratica denuncia che “lo stato di emergenza è stato applicato senza nessun quadro giuridico ed è stato concepito e utilizzato come strumento autoritaria di repressione contro vari gruppi di opposizione della società. Innumerevoli sono state le violazioni perpetrate dal governo turco: diritti umani, libertà di stampa, diritto ad eleggere ed essere eletti/e, diritti sociali ed economici; oltre che libertà individuale e sicurezza personale. Il governo turco ha utilizzato lo stato di emergenza per ignorare la costituzione e i trattati internazionali, per minacciare col terrore la popolazione e reprimere i gruppi di Opposizione: per deprivarli dei loro diritti economici e sociali fino ad arrestarli legittimamente”.

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