Sigilli a colosso Tecnis, ‘patto’ cosche su grandi appalti. Sequestrati 1,5 miliardi di euro

Sigilli a colosso Tecnis, ‘patto’ cosche su grandi appalti. Sequestrati 1,5 miliardi di euro
23 febbraio 2016

Sigilli al colosso catanese delle costruzioni. Dopo essere stata travolto dall’inchiesta nazionale su un vasto giro di tangenti, adesso scatta, per presunti condizionamenti mafiosi, il sequestro per quote e azioni del gruppo catanese Tecnis di Mimmo Costanzo e Concetto Bosco Lo Giudice, attivo nella realizzazione di grandi opere infrastrutturali in italia all’estero. Il valore nominale delle quote e azioni sequestrate ammonta a 250.000.000 di euro, mentre quello complessivo delle tre societa’ – Tecnis spa, Artemis spa e Cogip holding srl – e’ pari a un miliardo 259 milioni euro. Carabinieri del Ros hanno dato esecuzione a un provvedimento emesso dalla sezione misure di prevenzione del tribunale di Catania che ha disposto l’amministrazione giudiziaria delle societa’ e proceduto al sequestro. La vicenda ha fatto emergere come le cosche di varie province esercitassero il loro peso, in una sorta di tacito accordo tra loro, a volte avallato da riunioni convocate appositamente. Le indagini hanno cosi’ accertato che il gruppo ha subito forti pressioni, un “asservimento alla famiglia catanese di Cosa nostra”, che ha permesso al clan di rimpinguare le sue casse, ma soprattutto agli esponenti di vertice dell’organizzazione di governare in qualche modo l’indotto, ottenendo sub appalti e forniture a imprese vicine alla cosca, “accrescendo il proprio potere e prestigio anche presso le famiglie palermitane”, e consentendo ad imprese loro vicine di infiltrare il settore delle commesse pubbliche, anche grandi.

La Tecnis e’ presente nel settori edile (realizzazione di strade e autostrade, ferrovie e metropolitane, edilizia sanitaria, parcheggi, interporti e infrastrutture marittime), e sui mercati nazionale ed estero, attraverso partecipazioni in imprese controllate con sede in Brasile, Emirati Arabi, Libia, Nigeria, Romania, Sudan e Tunisia. In organico 305 dipendenti. Al 31 dicembre 2014 il portafoglio ordini complessivo ammontava a circa 2,9 miliardi. Nominato un amministratore giudiziario che sostituira’ gli amministratori per sei mesi, rinnovabili, al fine di risanare e reimmettere nel mercato l’azienda al riparo da interventi mafiosi. Nel distretto del Tribunale di Catania, in precedenza, l’istituto non e’ stato mai applicato con riferimento ad assetti societari di tale rilevanza. L’inchiesta ha fatto emergere, in particolare, che tutte le imprese riconducibili alla famiglia Costanzo, hanno corrisposto regolarmente somme di denaro alla cosca catanese di Cosa nostra a partire dagli anni ’90 ed almeno fino al febbraio 2011. Un testimone, dipendente di Giuseppe Costanzo dal 1970 al 2010, ha riferito che l’impresa gia’ dagli anni ’80 ha ricevute le prime richieste estorsive. In un primo momento, secondo quanto riferito, il fatto venne denunciato. Nel 1990, invece, concordo’ il pagamento di un milione al mese. Nel 1995 un affiliato al gruppo di Picanello, chiese ed ottenne il raddoppio della cifra. Nel 2002 la somma venne ancora raddoppiata. Nel 2005 il dipendente venne incaricato di occuparsi di risolvere il problema delle richieste di denaro nella provincia di Messina con riferimento ai lavori della galleria Scianina.

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Dopo una serie di trattative, nel corso delle quali un emissario di cosa nostra barcellonese, Carmelo Bisognano, aveva chiesto la consegna di 800.000 euro, pari al 2% dell’importo dell’appalto, si raggiunse un accordo: all’incontro, avvenuto a Catania, presero parte anche Bisognano e Angelo Santapaola, in base al quale l’impresa avrebbe corrisposto 5.000 euro al mese fino alla fine dei lavori, da consegnare allo stesso Santapaola. L’accordo venne rispettato fino al maggio del 2007 perche’ l’impresa subi’ un furto nel cantiere della galleria Scianina e Costanzo non volle piu’ pagare fino alla riconsegna del mezzo. In epoca successiva il denaro venne corrisposto all’organizzazione mafiosa barcellonese fino al 2009 ed alla famiglia catanese fino al febbraio 2011. Dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Gaspare Pulizzi, e’ emerso che proprio nel periodo in cui Cosa nostra catanese, attraverso Angelo Santapaola Vincenzo Aiello, si interfacciava con quella palermitana, nella persona di Salvatore Lo Piccolo, reggente del mandamento di San Lorenzo, quest’ultimo aveva manifestato l’intenzione di stabilire un contatto con la Tecnis Spa che si era aggiudicata l’appalto relativo alla realizzazione dei lavori della metropolitana di Palermo per il tratto Politeama-Giachery. Nell’ambito dell’operazione “Golem’, scattata a Palermo nel 2009, ad esempio, e’ venuto fuori un pizzino sequestrato a Lo Piccolo in cui vi erano dei riferimenti alla Cogip Spa, impegnata in lavori presso lo scalo aeroportuale di Palermo. L’operazione ‘Patria’, a carico di Gaetano Riina, fratello di Salvatore, ha accertato che nel 2008, l’Ati formata dalle imprese Tecnis, Cogip e Sigenco, che era all’epoca impegnata in lavori lungo la statale “Corleonese-Agrigentina”, aveva effettivamente affidato uno dei sub appalti a un’impresa legata al clan Aloisio, vicino a Provenzano.

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