Tasse più basse con i fondi della Ue

Tasse più basse con i fondi della Ue
29 febbraio 2016

di Filippo Caleri

Potrebbe essere l’uovo di Colombo: finanziare il taglio dell’Irpef usando i fondi che l’Europa destina agli Stati membri per colmare i gap di crescita delle aree arretrate. Un’ovvia conseguenza dopo l’impegno preso da Padoan al G20 di diminuire il carico fiscale degli italiani e mettere nelle loro tasche “liquidi” per rilanciare i consumi e ridare certezze nel futuro agli investitori. Un piano B, insomma, dopo che il Quantitative Easing di Draghi non ha dato gli effetti sperati. La liquidità generata è rimasta nelle banche che si sono limitate ad acquistare a loro volta altri titoli. Molto poco è arrivato a imprese e cittadini. Così ora al governo l’unica strada di crescita che resta è abbassare le tasse.

L’IPOTESI Sul tavolo di Padoan, tra le varie proposte potrebbe arrivarne una che, sebbene a prima vista impraticabile per l’ortodossia degli euroburocrati, è in via di principio fattibile. È quella che prevede, ad esempio, l’uso della quota di fondi che il Paese deve mettere accanto ai soldi stanziati da Bruxelles per lo sviluppo. Tecnicamente si chiama “cofinanziamento” e prevede che, se il costo di un’opera è pari a 100 milioni, lo Stato italiano debba metterne 25. I restanti 75 sono invece risorse Ue. La somma dei soldi, stanziati oggi nel Fondo sviluppo e coesione (il salvadanaio che contiene la totalità delle risorse sia Ue sia italiane) ha una disponibilità oggi di circa 35 miliardi. Dieci dei quali (lavorando di concerto con la Commissione Ue) si potrebbero svincolare per i tagli. Roma potrebbe così contare su un pacchetto cospicuo di risorse da destinare, invece che ai programmi da finanziare, alla riduzione massiccia dell’Irpef partendo dalle classi di reddito più basse e dando una certezza anche a quelli più alti.

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 PERPLESSITAAnche se semplice sulla carta una richiesta del genere verrebbe immediatamente classificata come l’ennesimo atto di furbizia da parte dell’Italia “affamata” di spesa. In realtà i fondi strutturali nascono con l’obiettivo di creare più coesione aumentando la competitività delle regioni europee. E tale fine sarebbe raggiunto anche se gli stessi fondi fossero destinati a ridurre il cuneo fiscale (in pratica le tasse che falcidiano lo stipendio lordo dei dipendenti e i redditi aziendali) ancora elevato e dunque fattore frenante dell’economia. Posta così la proposta potrebbe superare il vaglio di Bruxelles anche perché un’eventuale “sì” sarebbe subordinato allo scioglimento di alcuni nodi. Uno dei quali è legato al fatto che, per statuto, i fondi Ue sono destinati all’80% alle regioni del Mezzogiorno, mentre il taglio dell’Irpef dovrebbe interessare uniformemente l’intero territorio nazionale. Non meno difficile da superare è il problema di reperire l’effettiva liquidità connessa all’operazione. Le somme in questione spesso sono indicate come “numero” in bilancio ma non sono finanziate in termini di cassa immediata. Insomma il problema sarebbe di “trovare” i 10 miliardi di cui si parla. Ma a quel punto entrerebbe in gioco la flessibilità chiesta da Renzi, nei fatti già accordata. Non andrebbero persi nemmeno i progetti ai quali mancherebbero le risorse comunitarie usate per il taglio. Basterebbe, nell’ipotesi allo studio, accoppiare alla riduzione delle risorse pubbliche l’ingresso di grandi fondi di investimento istituzionali e non speculativi (ad esempio quelli assicurativi) nella costruzione e nella gestione delle infrastrutture come, tra le altre, tratte ferroviarie e sistemi di mobilità urbana. Soggetti da coinvolgere chiaramente solo se fossero loro garantite regole certe e durature sulle condizioni dell’investimento. Insomma un quadro di norme più sullo stile anglosassone che non su quello “mutevole” oggi vigente nel Paese.

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MANOVRINA La flessibilità necessaria è stata già accordata per il 2017 ma solo a patto di una correzione che porti quest’anno l’asticella del deficit al 2,3%. Una cifra che vale 2-3 miliardi. Padoan proverà a fare l’aggiustamento con limature contabili e qualche taglio di spesa. Da giocare ci sarebbe anche un tesoretto di 1,2 miliardi nascosto nelle pieghe della Stabilità.

CANTIERE Ieri i il viceministro dell’Economia, Enrico Morando, ha spiegato che “il taglio dell’Irpef è fissato per il 2018 ma non escluderei che sia possibile, se le cose dovessero andare un po’ per il verso giusto, anticipare iniziative che oggi programmiamo per il 2018 al 2017”.

 

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