di Maurizio Balistreri
Invece di ristrutturare il suo settore siderurgico e il suo enorme eccesso di capacità produttiva, la Cina esporta acciaio sottocosto in Europa facendo dumping e concorrenza sleale, finendo per contringere quest’ultima a ristrutturare il suo settore. E’ l’accusa lanciata da Luc Triangle (foto), segretario generale aggiunto di IndustriAll Europe in rappresentanza della Ces, la Confederazione dei sindacati europei, durante una audizione alla camera dei Deputati. “Non ci sono condizioni eque tra la siderurgia europea quella cinese – ha detto – finché sarà così non si può essere favorevoli al riconoscimento dello status di economia di mercato alla Cina”. Il problema riguarda direttamente l’Italia: “Se vuole preservare la sua tradizione industriale – ha detto – deve mantenere l’acciaio, perché altrimenti perdereste un elemento primario per la vostra industria meccanica”. In generale “non si possono imporre altri vincoli all’acciaio europeo se questi vincoli non si impongono all’acciaio altrove”, ha proseguito l’esponente della Confederazione, che in Italia raggruppa Cgil, Cisl e Uil con le relative organizzazioni sul settore siderurgico. L’Ue ha giù perso quasi 80.000 posti di lavoro nel comparto dal 2008 ad oggi.
“L’austerità unilaterale a aggressiva deve cessare, perché ha un impatto negativo. La sovracapacità di Cina e Russia sta destabilizzando i mercati dell’acciaio mondiali e mettono sotto pressione l’occupazione Ue”. La Cina, ha rilevato Triangle, ha una capacità produttiva di acciaio di 350 milioni di tonnellate l’anno: “il doppio della Capacità Ue”. E “il numero senza precedenti di ricorsi anti dumping contro la Cina dimostra che opera sistematicamente pratiche sleali con prodotti a prezzi pesantemente scontati. Di fatto significa che la Cina invece di ristrutturare la sua sovracapacità esporta acciaio in duping e costringe l’Ue a ristrutturare, mentre sono loro a dover ristrutturare”. E come se non bastasse, se non si arresta questa spirale, se si continua a perdere capacità produttiva in Europa a favore di cine e altri produttori “il rischio di dipendenza da questi Paesi diventerebbe enorme”. Con possibili ricadute negative per tutti quei settori che vedono nell’acciaio una materia prima base, come l’auto e la meccanica.