L’Intelligenza Artificiale al servizio della vulcanologia

L’Intelligenza Artificiale al servizio della vulcanologia
30 aprile 2021

Elaborare e classificare la composizione delle rocce vulcaniche dell’area napoletana attraverso l’intelligenza artificiale. Questo l’obiettivo dello studio “Machine learning applied to rock geochemistry for predictive outcomes: The Neapolitan volcanic history case” appena pubblicato sulla rivista ‘Journal of Volcanology and Geothermal Research’ e opera di due ricercatori dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV). Il lavoro rappresenta un nuovo ‘punto di partenza’ per lo sviluppo delle analisi petrologiche utilizzando i database già in possesso ai ricercatori.

“La composizione chimica delle rocce – spiega Monica Piochi, ricercatrice dell’Osservatorio Vesuviano dell’INGV – consta del contenuto di numerosi elementi presenti nella roccia come silicio, calcio, potassio, stronzio, piombo, zolfo, arsenico, uranio, bario e via di seguito. Questo set chimico può essere quasi costante o variare sia all’interno del singolo deposito vulcanico sia nel corso dei diversi eventi eruttivi, in risposta alla specifica dinamica del serbatoio magmatico”.

“Ogni eruzione napoletana – prosegue la ricercatrice – ha prodotto depositi con una propria composizione chimica, cosicché da essa si può dedurre l’eruzione e le caratteristiche del serbatoio magmatico di alimentazione; è come risalire all’identità di un individuo dalle sue caratteristiche somatiche e dal set di parametri ematochimici. Date le piccole e grandi diversità esistenti e i numerosi parametri che descrivono tali diversità, l’individuazione delle rocce, così come degli individui, è un’operazione lunga e complessa. Tuttavia, conoscerne la tipologia risulta necessario per la conoscenza del comportamento del vulcano e del suo impatto sul territorio così come, analogamente, riconoscere un individuo è utile per stabilirne, ad esempio, il suo stile di vita e il suo stato di salute”.

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“Il machine learning – spiega Alessandro Pignatelli, ricercatore INGV – è uno strumento comune in ambito scientifico e sta acquisendo sempre maggiore diffusione in vari campi della ricerca, medica, economica, sociale, e ci sono tentativi di applicazione anche in campo petrologico”. Per valutare le potenzialità dell’intelligenza artificiale – spiega l’INGV – i due ricercatori hanno raccolto e raggruppato l’enorme mole di dati chimici presenti in letteratura in un unico database (54 variabili per 9800 campioni), evincendo, in primis, l’abbondanza di dati per alcune eruzioni e la carenza per altre. In particolare, il database è molto esteso per i Campi Flegrei e per il Vesuvio mentre è risultato carente per le attività vulcaniche di Ischia e Procida. Inoltre, hanno cercato l’algoritmo ottimale per gli obiettivi dello studio.

“Per una corretta valutazione – prosegue Alessandro Pignatelli – abbiamo usato diverse tecniche di machine learning e, per ciascuna, abbiamo valutato la capacità di classificare correttamente il campione”. “I risultati del nostro studio – aggiungono Monica Piochi e Alessandro Pignatelli – indicano che sulla base del database esistente è possibile ottenere una prima, rapida classificazione di dati composizionali di rocce vulcaniche napoletane mediante l’intelligenza artificiale. Tale classificazione ha il vantaggio di essere rapida e scevra della discrezionalità dell’operatore. Il machine learning, infatti, ha una capacità di circa il 98% di ‘centrare’ l’attribuzione di una roccia di origine ignota – ma comunque individuata nel contesto napoletano – a uno dei vulcani, circa il 90% al periodo eruttivo e almeno il 70% alla formazione eruttiva. Inoltre, l’AI (artificial intelligence) si è dimostrata capace di ‘maneggiare’ i dati petrologici in maniera rapida grazie a delle capacità di calcolo superiori rispetto a quelle di un essere umano. La nostra applicazione dell’intelligenza artificiale al caso napoletano crea il presupposto per analisi veloci e affidabili su dati di futura acquisizione ed in particolare per la realizzazione di sistemi di controllo automatico su grandi dataset relativi all’intero vulcanismo italiano (se non globale)”.

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“L’attribuzione di un deposito roccioso ad un certo evento eruttivo – conclude la ricercatrice – è una informazione molto utile nella definizione della distribuzione areale dei prodotti magmatici e della magnitudo stessa dell’eruzione, degli effetti sul territorio e sui cambiamenti climatici così come sulla mobilità delle specie viventi. In archeologia, per esempio, può essere utile per determinare il luogo di estrazione dei materiali da costruzione e di comune uso, ad esempio le macine, e ricostruire i traffici commerciali”.

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