Trump scatena la guerra commerciale: dazi fino al 40% per dodici paesi. Analisti in allarme
Il presidente americano invia le lettere ufficiali tramite Truth Social. Colpiti Giappone, Corea del Sud e paesi emergenti. Wall Street crolla, i BRICS reagiscono con allarme.
Donald Trump ha premuto il grilletto della guerra commerciale globale. Ieri alle 18 italiane, il presidente americano ha mantenuto la promessa fatta sui social: le prime lettere ufficiali sui nuovi dazi sono partite da Washington, raggiungendo dodici paesi in tutto il mondo.
Il meccanismo è spietato quanto efficace. Trump ha utilizzato la sua piattaforma Truth Social come una moderna sala stampa, pubblicando personalmente ogni lettera inviata ai capi di stato stranieri. Un format standardizzato, quasi burocratico, che nasconde dietro formule di cortesia una vera e propria dichiarazione di guerra economica.
La mappa dei dazi: dal 25% al 40% per colpire il mondo
L’effetto domino sui mercati è immediato e devastante. Wall Street crolla già in apertura: il Dow Jones perde l’1,01%, il Nasdaq cede lo 0,83%, lo S&P 500 lascia sul terreno lo 0,81%. Tesla precipita del 7% dopo l’annuncio di Elon Musk di voler fondare un partito politico negli Stati Uniti.
Ma Trump non si ferma qui. Il presidente ha lanciato un ultimatum ai paesi BRICS, il blocco che rappresenta quasi la metà della popolazione mondiale e il 40% del PIL globale: “A qualsiasi Paese che si allinei alle politiche antiamericane dei BRICS, verrà applicata una tariffa aggiuntiva del 10%. Non ci saranno eccezioni”.
La risposta dei BRICS e il ricatto economico
La risposta dei BRICS non si fa attendere. Riuniti a Rio de Janeiro, i leader del gruppo esprimono “serie preoccupazioni per l’aumento delle misure doganali unilaterali”, avvertendo che si tratta di politiche che “incidono sulle prospettive di sviluppo economico globale”.
Il ricatto è esplicito e senza appello. Ogni lettera contiene la stessa minaccia: se i paesi destinatari oseranno aumentare i propri dazi in risposta, quella percentuale verrà sommata automaticamente alle tariffe americane. Un meccanismo che trasforma ogni tentativo di reazione in un boomerang economico.
La portavoce della Casa Bianca, Karoline Leavitt, ha confermato che “ci saranno approssimativamente altri 12 Paesi che riceveranno notifiche direttamente dal presidente”. L’offensiva commerciale di Trump è solo all’inizio.
Tutti i dazi entreranno in vigore il primo agosto 2025, dando appena tre settimane di tempo ai paesi colpiti per decidere se sedersi al tavolo delle trattative o preparare le contromosse. Una scadenza che suona come un ultimatum, in perfetto stile Trump.
Strategia geopolitica: ridisegnare il commercio mondiale
La strategia è chiara: utilizzare il peso economico americano come una clava diplomatica, costringendo il mondo a rinegoziare i rapporti commerciali secondo le regole di Washington. Una partita a scacchi globale dove Trump muove per primo, lasciando agli avversari solo mosse difensive. I mercati hanno già emesso il loro verdetto: questa non è diplomazia, è guerra economica. E come in ogni guerra, i primi a pagare saranno i civili – in questo caso, consumatori e imprese di tutto il mondo che vedranno lievitare i prezzi delle merci importate.
Le conseguenze economiche si fanno già sentire. Gli analisti di Goldman Sachs prevedono un’impennata dell’inflazione americana nel secondo semestre del 2025, con i consumatori statunitensi che pagheranno il conto dei dazi attraverso prezzi più alti su beni di consumo, elettronica e prodotti tessili. “È una tassa nascosta sui cittadini americani”, commentano gli economisti di Wall Street.
Ma la vera partita si gioca a livello geopolitico. Trump sta ridisegnando la mappa del commercio mondiale, sfidando apertamente l’ordine economico globale costruito dopo la Seconda Guerra Mondiale. L’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC) ha già annunciato che studierà le misure americane per verificarne la compatibilità con le regole internazionali.
Reazioni internazionali e conseguenze economiche
Il timing non è casuale. Le lettere di Trump arrivano proprio mentre la Cina, principale rivale commerciale degli Stati Uniti, sta rafforzando i legami economici con i paesi del Sud del mondo attraverso la Belt and Road Initiative. “Non permetteremo che altri paesi si arricchiscano a spese dell’America”, aveva dichiarato Trump durante un comizio in Ohio la scorsa settimana.
Le reazioni internazionali non si fanno attendere. Il primo ministro giapponese Shigeru Ishiba ha convocato una riunione d’emergenza del suo gabinetto, mentre da Seoul filtrano indiscrezioni su possibili contro-dazi sui prodotti agricoli americani. Il presidente sudafricano Cyril Ramaphosa ha definito le misure di Trump “un attacco alla sovranità economica dei paesi in via di sviluppo”.
L’Europa osserva con preoccupazione. Bruxelles teme di essere la prossima nel mirino di Trump, soprattutto dopo le recenti tensioni sui dazi sull’acciaio e sull’alluminio. Il commissario europeo per il Commercio ha già fatto sapere che l’UE è pronta a rispondere “con fermezza” a qualsiasi misura protezionistica americana.
La strategia di Trump è chiara: dividere per regnare. Colpendo singoli paesi con dazi diversificati, evita la formazione di un fronte comune contro le politiche americane. Myanmar e Laos, devastati da crisi interne, difficilmente potranno reagire. Paesi come la Tunisia o la Bosnia Erzegovina dipendono troppo dagli investimenti americani per osare una rappresaglia.
L’impatto globale: verso una nuova era economica
Ma c’è un’altra lettura possibile. Alcuni analisti vedono in questa mossa una gigantesca operazione di marketing politico. Trump sta preparando la sua rielezione del 2028, puntando sul consenso degli elettori americani delle aree industriali che vedono nei dazi una protezione per i loro posti di lavoro.
Il paradosso è che i dazi di Trump potrebbero accelerare la dedollarizzazione dell’economia mondiale. Cina e Russia stanno già spingendo per transazioni commerciali in yuan e rubli, mentre l’India promuove la rupia come valuta alternativa per gli scambi regionali. C’è poi il capitolo delle materie prime. Il Sudafrica è uno dei principali fornitori mondiali di platino e terre rare, essenziali per l’industria tecnologica americana.
I dazi del 30% rischiano di creare carenze strategiche proprio negli Stati Uniti, costringendo le aziende americane a cercare fornitori alternativi più costosi. La partita è appena iniziata. Nei prossimi giorni si attendono le reazioni ufficiali dei governi colpiti. Alcuni potrebbero scegliere la via della negoziazione, altri quella della rappresaglia. Ma una cosa è certa: il mondo del commercio internazionale non sarà più lo stesso.
Wall Street continua a tremare. Gli investitori temono che la guerra commerciale possa innescare una recessione globale, proprio mentre l’economia americana sembrava aver superato le turbolenze post-pandemiche. Il dollaro si rafforza sui mercati valutari, ma gli economisti avvertono che si tratta di un’illusione di breve periodo.
