Trump ribalta la strategia su Kiev: “Invieremo altre armi all’Ucraina. Putin? Dice stronzate”
Dietrofront del presidente americano durante la cena con Netanyahu. Mosca definisce la scelta “non in linea” con gli sforzi di pace.
Donald Trump
A Kiev si avverte, almeno in parte, un cambio di passo. La Casa Bianca, con una decisione a sorpresa, rimette in moto il flusso delle forniture militari verso l’Ucraina, ribaltando in poche ore scelte recenti e aspettative consolidate. Dopo il brusco stop alle consegne di armamenti deciso nei giorni scorsi dal Pentagono, il presidente Donald Trump ha cambiato rotta: le forniture riprenderanno immediatamente.
“Invieremo altre armi. È una necessità. L’Ucraina deve potersi difendere”, ha dichiarato Trump durante una conferenza stampa alla Casa Bianca, affiancato dal primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. Un annuncio netto, perentorio, che sembra voler riaffermare con forza la leadership americana nel supporto a Kiev. La svolta, inattesa e decisa, solleva più di un interrogativo tra osservatori e diplomatici, abituati ai continui zigzag della politica estera statunitense. Ma intanto a Kiev accolgono la notizia come un segnale di speranza, proprio mentre il fronte ucraino attraversa un momento cruciale e delicato.
Le parole di Trump arrivano cariche di durezza verso Vladimir Putin, accusato senza mezzi termini di dire “un sacco di stronzate” sull’Ucraina. “È sempre molto gentile, ma non significa nulla”, ha rincarato la dose il tycoon, annunciando di star valutando “molto attentamente” nuove sanzioni contro Mosca. Una escalation verbale che segna una rottura netta con i toni più concilianti mostrati nelle scorse settimane.
Il dietrofront che imbarazza il Pentagono
Il dietrofront della Casa Bianca arriva dopo giorni di tensione e incertezza. Lo stop alle forniture militari, parte del pacchetto di aiuti approvato dall’amministrazione Biden, era stato deciso dal segretario alla Difesa Pete Hegseth nell’ambito di una revisione delle scorte americane dopo i raid sui siti nucleari iraniani. La decisione aveva scatenato allarme a Kiev e perplessità tra gli alleati europei, che temevano un disimpegno americano dal sostegno all’Ucraina.
Ma è stata proprio una telefonata tra Trump e Volodymyr Zelensky del 4 luglio a cambiare le carte in tavola. Secondo fonti citate da Axios, il presidente americano avrebbe ammesso di non essere stato informato della decisione del Pentagono, definendola “una scelta presa in autonomia”. Una rivelazione che ha messo in imbarazzo i vertici della Difesa e ha portato alla rapida marcia indietro. Durante il ricevimento alla Casa Bianca, Pete Hegseth ha annuito in segno di assenso all’annuncio sulle armi, nonostante fosse stato lui a bloccare gli aiuti militari.
La questione Patriot: solo 10 invece di 30
L’annuncio concreto prevede l’invio di 10 missili intercettori Patriot all’Ucraina, gli stessi sistemi che Kiev richiede da mesi per rafforzare le proprie difese aeree. Un numero però ridotto rispetto alle 30 unità inizialmente programmate, segno delle difficoltà logistiche che affliggono gli arsenali americani. Il Pentagono avrebbe infatti a disposizione solo il 25% delle scorte di Patriot necessarie per tutti i piani militari statunitensi.
La questione Patriot sta diventando un nodo cruciale nelle trattative. Trump ha contattato direttamente il cancelliere tedesco Friedrich Merz, chiedendo alla Germania di cedere una delle proprie batterie di missili a Kiev. Berlino, che ha già fornito all’Ucraina una quota maggiore dei propri sistemi Patriot rispetto a qualsiasi altro Paese NATO, compresi gli Stati Uniti, sta valutando la richiesta. I negoziati sono in corso, anche se non è stato raggiunto alcun accordo definitivo.
L’appello di Zelensky: “Servono stabilità e continuità”
A Kiev l’annuncio di Trump è stato accolto con cauto ottimismo, ma anche con richieste di maggiori garanzie. Zelensky ha sottolineato l’importanza di mantenere “stabilità, continuità e prevedibilità” nelle forniture di armi, incaricando il ministro della Difesa di “intensificare tutti i contatti con la parte americana”. Il presidente ucraino ha evidenziato che “le dichiarazioni e le decisioni politiche devono essere attuate il prima possibile per proteggere il nostro popolo”, con particolare riferimento alla difesa aerea.
Nell’entourage di Zelensky regna ancora l’incertezza sull’effettivo contributo che arriverà da Washington. Le scorte dei Patriot a disposizione del Pentagono sarebbero infatti ridotte all’osso, sollevando dubbi sulla reale capacità americana di sostenere Kiev nel lungo periodo. L’Ucraina ha chiesto maggiori dettagli all’alleato, consapevole che la propria sopravvivenza dipende dalla continuità degli aiuti occidentali.
La reazione gelida del Cremlino
Il Cremlino ha reagito con gelo alla notizia delle nuove armi all’Ucraina. Il portavoce Dmitry Peskov ha definito la strategia americana “non in linea con i tentativi di promuovere una soluzione pacifica”, accusando la decisione di “favorire in tutti i modi la prosecuzione delle ostilità”. Tuttavia, Mosca ha evitato di puntare il dito direttamente contro Trump, riconoscendo i suoi “sforzi per avviare un negoziato diretto tra Russia e Ucraina” e attribuendo il riarmo di Kiev a una “linea scelta dagli europei”.
La versione di Mosca è che il continuo riarmo di Kiev sia da imputare principalmente agli alleati europei, mentre con Washington mantiene una posizione più morbida. Un approccio che testimonia la speranza del Cremlino di poter ancora negoziare direttamente con Trump, nonostante le crescenti tensioni verbali.
L’Europa non abbandona e pensa a un fondo da 100 miliardi
Le mosse di Trump sollevano interrogativi sulla strategia americana a lungo termine. Secondo l’Economist, “il meglio che si può dire di Trump è che, sebbene sogni ancora un grande accordo con Putin, sta iniziando a rendersi conto di essere stato preso in giro dal presidente russo”. Una valutazione che spiegherebbe la crescente durezza nei toni verso il Cremlino, accompagnata però dalla persistente riluttanza a stanziare nuovi fondi per aiutare l’Ucraina a vincere definitivamente il conflitto.
Nel frattempo, l’Europa si prepara a colmare eventuali vuoti americani. Il presidente francese Emmanuel Macron, parlando al Parlamento britannico, ha ribadito che “noi europei non abbandoneremo mai Kiev”. L’Unione Europea sta valutando l’istituzione di un fondo da 100 miliardi di euro per sostenere l’Ucraina, importo che potrebbe essere incluso nel prossimo bilancio settennale dell’UE e iniziare a essere erogato dal 2028.
La partita sull’Ucraina rimane dunque aperta, con Washington che oscilla tra sostegno e disimpegno, mentre Mosca continua la sua offensiva militare confidando nelle divisioni occidentali. Per Kiev, ogni annuncio di nuove armi rappresenta una boccata d’ossigeno, ma l’incertezza sul futuro degli aiuti americani rimane il nodo cruciale per la sopravvivenza del Paese.
