Stop alla barbarie: papa Leone lancia l’ultimatum per Gaza

Il Pontefice chiude il soggiorno a Castel Gandolfo con un appello disperato alla comunità internazionale dopo la telefonata con Netanyahu

Papa Leone XIV

Papa Leone XIV

“Dobbiamo dialogare e lasciare le armi”. Le parole di Papa Leone risuonano nella Cattedrale di San Pancrazio Martire come un ultimo appello di una Chiesa che non si arrende di fronte all’escalation mediorientale. Il Pontefice ha scelto Albano, nell’ultima domenica del suo soggiorno estivo a Castel Gandolfo, per lanciare un messaggio che suona come un ultimatum morale alla comunità internazionale.

La messa solenne, concelebrata con il cardinale Michael Czerny e 80 sacerdoti della diocesi albanese, si trasforma in una tribuna diplomatica. In prima fila, accanto ai 13 sindaci dei comuni diocesani, siede il ministro della Salute Orazio Schillaci, presenza governativa che conferisce peso istituzionale alle parole pontificie.

Il dialogo con Netanyahu al centro della strategia Vaticana

“Lavorare per la pace in Medio Oriente e a Gaza, proteggere i luoghi santi”. Due imperativi che, rivela Papa Leone davanti ai 400 fedeli presenti, sono stati al centro della recente telefonata con il premier israeliano Benjamin Netanyahu. Un colloquio di cui il Vaticano mantiene il riserbo sui contenuti, ma che segna un’accelerazione nella diplomazia pontificia.

La strategia di Papa Leone appare chiara: bypassare i canali diplomatici tradizionali e stabilire un dialogo diretto con i protagonisti del conflitto. Una mossa che ricorda l’approccio dei suoi predecessori, ma che si scontra con una realtà geopolitica sempre più polarizzata.

“Il mondo non sopporta più la guerra”

L’appello si fa più drammatico durante l’Angelus domenicale. “Chiedo nuovamente che si fermi subito la barbarie della guerra”, tuona il Pontefice, utilizzando un linguaggio insolitamente duro. Il richiamo alla comunità internazionale è preciso: “Osservare il diritto umanitario, rispettare l’obbligo di tutela delle popolazioni civili, il divieto di punizione collettiva, di uso indiscriminato della forza e spostamento forzato della popolazione”.

Un elenco che suona come un atto d’accusa verso tutte le parti in conflitto, formulato con la precisione di un diplomatico e la passione di un pastore. “Il mondo non sopporta più” questa guerra, aggiunge Papa Leone, intercettando un sentimento globale di stanchezza verso un conflitto che sembra non trovare soluzione.

Il messaggio ai cristiani d’Oriente

Particolare attenzione il Pontefice riserva ai cristiani mediorientali, comunità sempre più marginalizzate nel teatro di guerra: “Siete nel cuore del Papa e di tutta la Chiesa, grazie per la vostra testimonianza di fede”.

Un messaggio di vicinanza a chi vive “la sensazione di poter fare poco davanti a questa situazione così drammatica”. Parole che tradiscono la consapevolezza di una Chiesa che, pur mantenendo un ruolo morale di primo piano, si confronta con i limiti del proprio soft power in scenari di guerra sempre più complessi.

Ritorno in Vaticano rimandato

A sorpresa, Papa Leone annuncia il rinvio del rientro in Vaticano, inizialmente previsto per oggi. “Fra qualche giorno farò rientro dopo queste due settimane vissute qui a Castel Gandolfo”, comunica ai fedeli. Una decisione che alimenta speculazioni su possibili sviluppi diplomatici imminenti.

L’estate pontificia si chiude così all’insegna di un impegno che non conosce pause. Mentre la diplomazia tradizionale arranca, la voce del Vaticano continua a risuonare come l’ultimo baluardo di una pace che sembra sempre più lontana. Resta da vedere se le parole di Papa Leone troveranno ascolto in un Medio Oriente dove il linguaggio delle armi sembra aver prevalso su quello del dialogo.