Garante in azione: lo scandalo Raoul Bova scuote la privacy italiana
L’istruttoria e l’indagine della Procura di Roma per tentata estorsione mettono sotto i riflettori il caso della diffusione non autorizzata di conversazioni private

Il Garante per la protezione dei dati personali ha aperto un’istruttoria per indagare sulla diffusione illecita di audio e stralci di chat private tra l’attore Raoul Bova e la modella Martina Ceretti, pubblicati dal discusso Fabrizio Corona nel suo podcast Falsissimo il 21 luglio.
Tutto inizia con un avvertimento anonimo ricevuto da Bova due settimane prima: un messaggio che minacciava la divulgazione di conversazioni private, un chiaro tentativo di estorsione. L’attore, assistito dall’avvocata Annamaria Bernardini de Pace, non ha ceduto al ricatto, ma le chat sono state rese pubbliche, accompagnate da un’ondata di post, video e vignette ironiche o denigratorie sui social, trasformando il caso in un fenomeno mediatico.
L’intervento del Garante e le indagini giudiziarie
Il Garante è intervenuto con decisione, emettendo un monito: chi continuerà a diffondere i contenuti rischia sanzioni. L’obiettivo è proteggere il diritto alla riservatezza e fermare una deriva che trasforma la vita privata in spettacolo pubblico. Parallelamente, la Procura di Roma ha aperto un fascicolo per tentata estorsione, al momento contro ignoti. Il numero da cui è partito il messaggio ricattatorio risulta intestato a un prestanome, e gli inquirenti, coordinati dal pm Eliana Dolce, non escludono l’ipotesi di ricettazione per chi ha diffuso i contenuti, consapevole della loro origine illecita. Fabrizio Corona, già condannato in passato per estorsione, non è al momento indagato, ma il suo ruolo nel caso alimenta sospetti.
Una battaglia legale oltre il gossip
Il caso si intreccia con la vita privata di Bova, sotto i riflettori anche per la separazione dalla compagna Rocio Muñoz Morales e la battaglia legale per l’affidamento delle figlie, Luna (10 anni) e Alma (7 anni). L’attrice spagnola chiede l’affidamento esclusivo, mentre Bova, fotografato con un borsone in mano mentre lascia la casa familiare, affronta un trasloco che sembra simboleggiare un punto di svolta. Questi elementi, pur personali, amplificano l’attenzione mediatica, trasformando una vicenda privata in un caso pubblico.
Il confine tra cronaca e diritto alla privacy
Il caso Bova non è solo una vicenda personale, ma un monito sui pericoli di un’era in cui la tecnologia rende ogni confine tra pubblico e privato fragile. Un messaggio privato può diventare arma di ricatto o strumento di gogna mediatica. Mentre l’istruttoria del Garante e le indagini della Procura procedono, resta una domanda aperta: fino a che punto il diritto di cronaca può giustificare l’invasione della sfera privata? In un mondo connesso, la risposta non è scontata, ma il prezzo di un equilibrio mal calibrato lo pagano sempre le persone.
