Messi chiude il cerchio in Argentina: emozioni, gol e incognite sul futuro
L’ultima partita casalinga della Pulce con l’Albiceleste si trasforma in un tributo nazionale. Doppietta, ovazioni e riflessioni sul ritiro: il fuoriclasse non scioglie i dubbi sul Mondiale 2026.
Lionel Messi
È stata una notte che nessun tifoso argentino dimenticherà. All’Estadio Monumental di Buenos Aires, gremito da oltre 80 mila spettatori, Lionel Messi ha salutato il suo pubblico nella maniera più autentica: giocando, segnando, emozionando. L’Argentina ha travolto il Venezuela 3-0 nelle qualificazioni al Mondiale del 2026, ma la cronaca sportiva è stata ben presto oscurata da qualcosa di più grande: un evento carico di simboli, emozioni e nostalgia.
Ogni passo, ogni tocco di palla, ogni sguardo del fuoriclasse argentino è stato accolto da un coro di applausi, ovazioni e bandiere sventolate come se fosse la finale di un Mondiale. E in un certo senso, lo è stata: la finale personale di Messi con la sua gente. Non era solo una partita di qualificazione, ma un rito collettivo di commiato, una cerimonia nazionale in cui il calcio si è fuso con l’identità argentina.
Il Monumental, già teatro di tante pagine epiche della storia sportiva del Paese, si è trasformato in un altare laico. Lì dove nel 1978 l’Argentina di Kempes conquistò il suo primo titolo mondiale, oggi la nazione intera ha celebrato l’addio casalingo del giocatore che più di ogni altro ha incarnato i sogni e le contraddizioni di un popolo.
Cronaca di una partita che era molto di più
Sul campo, l’Argentina ha fatto quello che doveva: vincere e convincere. Al 39’, Messi ha rotto l’attesa con il primo gol, un colpo chirurgico che ha acceso il boato dello stadio. In avvio di ripresa, Lautaro Martínez ha raddoppiato, ma i riflettori erano già tutti puntati sul numero 10. All’80’, la Pulce ha chiuso il cerchio con la sua seconda rete, quella che ha consacrato la serata come “la sua serata”.
Ogni rete è stata vissuta come un pezzo di storia scritto in diretta. Non a caso, molti cronisti argentini hanno smesso di descrivere l’azione con distacco professionale, cedendo all’enfasi, al pathos, come se fosse impossibile mantenere il tono neutro davanti a un evento così irripetibile.
A fine partita, lo spettacolo è continuato. Messi ha abbracciato i compagni, ha salutato il pubblico con i figli al fianco, ha cantato ancora una volta l’inno con le lacrime agli occhi. Non servivano parole, ma lui le ha trovate: «Ho vissuto tante cose su questo campo, è sempre una gioia giocare davanti alla nostra gente. Finire così è quello che ho sempre sognato».
Una folla trasformata in coro
Quello che si è vissuto sugli spalti va oltre la semplice cornice di un match. La città di Buenos Aires ha accompagnato il campione fin dall’arrivo allo stadio: cortei, bandiere albicelesti, canti in ogni quartiere. Dentro il Monumental, l’atmosfera era quella delle grandi notti, ma con una componente emotiva unica.
Ogni tifoso sapeva di essere testimone di un momento irripetibile. Padri con i figli in spalla, anziani con le lacrime agli occhi, ragazzi che hanno conosciuto solo il calcio dell’era-Messi: tutti uniti in un applauso che sembrava non finire mai. Per molti, la sensazione era quella di restituire qualcosa a un idolo che ha dato tutto, in patria e all’estero, portando l’Argentina sul tetto del mondo nel 2022.
Un giornalista locale ha sintetizzato così la serata: «È stato come cantare un tango collettivo: malinconico, struggente e bellissimo». Perché dietro ogni ovazione c’era anche la consapevolezza della fine, del tempo che passa, di una leggenda che si avvicina al congedo.
Messi e l’Argentina: una storia lunga una vita
Per comprendere il peso di questa notte, bisogna guardare indietro. La relazione tra Messi e il suo Paese non è sempre stata lineare. Da ragazzo, quando lasciò Rosario per Barcellona, venne accusato di essersi “spagnolizzato”. Per anni, molti argentini gli rimproverarono di vincere tutto in Europa senza riuscire a replicare lo stesso successo con la Selección.
Quelle critiche pesarono, e non poco. Messi stesso confessò di aver pensato più volte di lasciare la Nazionale. Ma il destino, e il talento, hanno finito per riscrivere la storia. La Copa América 2021, vinta a Rio contro il Brasile, ha spezzato la maledizione. E il trionfo in Qatar nel 2022 ha fatto di Messi non solo un campione, ma un mito nazionale, riconciliato definitivamente con la sua gente.
La partita contro il Venezuela è stata dunque il capitolo finale di questa lunga e complessa storia d’amore: un addio a casa, dopo anni di incomprensioni, trionfi e consacrazioni.
