Tradimento della toga al carcere, avvocato arrestato mentre consegnava cellulare a boss

Tradimento della toga nel carcere Pagliarelli di Palermo: un avvocato penalista di Brindisi ha violato il codice deontologico professionale tentando di introdurre un cellulare per conto di un boss della Sacra Corona Unita. Benedetto Romano, 41 anni, è finito in manette dopo essere stato sorpreso dagli agenti della polizia penitenziaria mentre consegnava il dispositivo vietato a Gianluca Lamendola, 36enne pugliese condannato a 20 anni per associazione mafiosa.

L’episodio, avvenuto grazie alla tempestiva vigilanza del personale penitenziario, ha immediatamente sollevato interrogativi sulla sicurezza delle strutture carcerarie e sui controlli durante le visite legali. Gli agenti hanno intercettato il momento cruciale del passaggio dell’oggetto proibito, scoprendo che si trattava di un piccolo telefono cellulare destinato al detenuto.
 
Il legale brindisino si trova ora sotto custodia cautelare e sarà difeso dal collega Massimo Manfreda. L’udienza davanti al tribunale di Palermo è stata fissata per martedì 30 settembre, quando il giudice valuterà la posizione dell’avvocato e le circostanze che hanno portato all’arresto. Anche Lamendola, originario della provincia di Brindisi come il suo difensore, risulta indagato a piede libero nell’ambito dello stesso procedimento. Le autorità giudiziarie stanno approfondendo il ruolo di entrambi per ricostruire le dinamiche complete dell’accaduto e verificare eventuali precedenti episodi simili.

Sicurezza penitenziaria sotto i riflettori

L’operazione mette in evidenza l’efficacia dei controlli interni al Pagliarelli, ma solleva al contempo questioni delicate sul bilanciamento tra le legittime visite dei difensori e le stringenti esigenze di sicurezza. L’introduzione di dispositivi elettronici nelle carceri rappresenta una violazione grave che può compromettere l’ordine interno e facilitare comunicazioni non autorizzate con l’esterno.
 
Le indagini sono coordinate dalla Procura della Repubblica di Palermo, sotto la direzione della pm Ilaria De Somma, che ha avviato tutti gli accertamenti necessari per chiarire ogni aspetto della vicenda. L’obiettivo è comprendere se si tratti di un caso isolato o se esistano modalità organizzate per introdurre beni vietati nella struttura penitenziaria. Gli inquirenti stanno verificando eventuali connivenze o reti di supporto che potrebbero aver facilitato il tentativo di consegna del cellulare.
 
Particolare attenzione è rivolta alle modalità con cui il dispositivo è stato procurato e ai canali attraverso cui si è organizzato il tentativo di consegna. La magistratura palermitana intende fare piena luce su tutti gli aspetti della vicenda, non escludendo ulteriori sviluppi investigativi che potrebbero emergere dall’analisi delle comunicazioni e dei contatti dei due indagati.