Il Comitato ha voluto premiare non solo la persona, ma il simbolo di resistenza che Machado rappresenta. Jørgen Watne Frydnes, Presidente del Comitato norvegese, l’ha definita “una delle figure civili più straordinarie del coraggio latinoamericano dei nostri tempi”, sottolineando come, sotto la sua guida, “l’opposizione venezuelana, a lungo divisa, sia riuscita a trovare un terreno comune”.

Il Nobel giunge in un momento cruciale per il Venezuela, un Paese che, come ricordato da Frydnes, è passato “da una nazione relativamente democratica e prospera a uno Stato brutale e autoritario”. Il Presidente del Comitato ha inoltre evidenziato come “la macchina della violenza statale sia rivolta contro la sua stessa popolazione”, con quasi otto milioni di venezuelani costretti all’esilio.

“In un momento in cui la democrazia è sotto minaccia, è più importante che mai difendere questo terreno condiviso” ha detto Jørgen Watne Frydnes, Presidente del Comitato Nobel norvegese.

Una vita in prima linea per i diritti e la trasparenza

La motivazione del premio trae origine da una battaglia ventennale. María Corina Machado, 57 anni, ingegnere industriale di formazione, ha iniziato il suo impegno civile lontano dai riflettori della politica. Nel 1992 fondò la Fundación Atenea per l’assistenza ai bambini di strada di Caracas, dimostrando una vocazione sociale che ha sempre caratterizzato la sua azione.

La svolta avvenne nel 2002 con la co-fondazione dell’organizzazione Súmate, dedicata alla promozione della trasparenza elettorale. Fu questo impegno a portarla per la prima volta allo scontro frontale con il regime chavista, in particolare durante la campagna per il referendum revocatorio contro Hugo Chávez nel 2004.

L’associazione fu protagonista nella raccolta firme per il referendum, evento che la rese nota in tutto il Paese ma anche bersaglio di accuse di tradimento e cospirazione da parte del governo. Nel 2005, il suo incontro alla Casa Bianca con il presidente statunitense George W. Bush fu utilizzato dai sostenitori del chavismo per accusarla di collusione con potenze straniere.

Dall’apice elettorale alla persecuzione sistematica

La sua popolarità esplose quando, nel 2010, fu eletta deputata con il più alto numero di preferenze del Venezuela. In Parlamento, i suoi durissimi interventi contro il governo divennero leggendari, come quando accusò pubblicamente Chávez di “espropriare e non pagare, cioè rubare” durante il discorso sullo stato della nazione del 2012.

Tuttavia, la sua ascesa fu segnata da una repressione sempre più feroce. La partecipazione alle proteste del 2014, note come “La Salida”, e la denuncia della repressione davanti all’Organizzazione degli Stati Americani le costarono la rimozione arbitraria dal seggio parlamentare.

Da quel momento, divenne il bersaglio di una macchina giudiziaria utilizzata per intimidire: processi, accuse di complotto, aggressioni fisiche e minacce di morte ne hanno segnato il cammino, senza mai fiaccarne la determinazione.

Il coraggio di resistere nonostante l’esclusione forzata

Nonostante la squalifica quindicennale da qualsiasi incarico pubblico decretata arbitrariamente nel 2023, Machado non ha abbassato la bandiera della resistenza. Dopo aver vinto le primarie dell’opposizione, ha trasferito la sua eredità politica al candidato Edmundo González Urrutia, diventando un punto di riferimento ancor più potente proprio nella sua esclusione forzata.

Dopo le contestate elezioni del 2024, è stata costretta a nascondersi per sfuggire all’arresto in un clima di feroce repressione. Eppure, la sua voce non si è spenta, continuando a ispirare milioni di venezuelani dentro e fuori dal Paese.

Prima del Nobel, Machado aveva già ricevuto prestigiosi riconoscimenti internazionali come il Premio Sakharov del Parlamento europeo e il Premio Václav Havel per i diritti umani del Consiglio d’Europa, entrambi nel 2024. La BBC l’ha inserita tra le 100 donne più influenti del mondo nel 2018, mentre nel 2025 la rivista Time l’ha inclusa tra le 100 personalità globali dell’anno.