Filippo Turetta rinuncia all’Appello: “Mi pento, non cerco sconti”
La lettera dal carcere di Verona sorprende il mondo giudiziario; la Procura insiste sull’aggravante della crudeltà.

Filippo Turetta ha compiuto un gesto inatteso che scuote il caso giudiziario più discusso dell’ultimo anno: il condannato all’ergastolo per l’omicidio di Giulia Cecchettin ha rinunciato ai motivi d’appello contro la sua condanna. La comunicazione è arrivata con una lettera firmata dallo stesso Turetta, inviata al Tribunale e alla Corte d’Appello di Venezia, in cui parla di un “pentimento sincero” e ribadisce di non cercare alcuno sconto di pena.
La decisione sorprende perché arriva dopo una condanna netta e definitiva per premeditazione, confermata dalla Corte d’Assise di Venezia lo scorso 3 dicembre. “Accetto pienamente le conseguenze delle mie azioni”, scrive Turetta nella lettera, confermando di voler affrontare l’ergastolo senza strategie difensive ulteriori.
Lettera dal carcere: un pentimento senza riserve
Il documento ha raggiunto negli ultimi giorni la Procura Generale, la Corte d’Assise e la Corte d’Appello di Venezia, dove è fissata l’udienza d’Appello per il prossimo 14 novembre. La rinuncia riguarda esclusivamente i motivi d’appello della difesa, che contestavano il riconoscimento della premeditazione, mentre resta attivo il ricorso della Procura della Repubblica per il mancato riconoscimento dell’aggravante della crudeltà.
Il gesto di Turetta, reo confesso, ha colto di sorpresa anche i suoi legali, che avevano impugnato la sentenza puntando a una riduzione della responsabilità per premeditazione. La lettera, invece, sembra chiudere ogni via difensiva autonoma da parte dell’imputato, trasformando la sua rinuncia in una presa di responsabilità personale.
Procura e aggravanti: il nodo giudiziario
L’Appello sarà ora concentrato esclusivamente sulle istanze della Procura, che insiste nel chiedere il riconoscimento delle aggravanti di crudeltà e stalking, elementi che secondo l’accusa aggravano la pena già inflitta. La rinuncia di Turetta non cambia il percorso giudiziario, ma pone un nuovo interrogativo sul ruolo del pentimento nelle decisioni processuali.
Gli osservatori giudiziari sottolineano come, in questo caso, il gesto possa avere un peso più morale che legale, evidenziando la complessità dei rapporti tra giustizia penale e consapevolezza della colpa.
Dalla cattura alla detenzione: il caso che ha scosso l’Italia
Turetta è detenuto nel carcere di Verona Montorio dal 25 novembre 2023, dopo essere stato arrestato in Germania a bordo della propria auto, al termine di una fuga durata dieci giorni. Il corpo di Giulia Cecchettin era stato nascosto nei boschi vicino al lago di Barcis, in provincia di Pordenone.
Ad agosto scorso, Turetta è stato aggredito in carcere da un altro detenuto, trasferito successivamente in un diverso istituto. Negli ultimi mesi si era parlato di una possibile richiesta di giustizia riparativa da parte dell’imputato, ipotesi respinta dal padre della vittima, Gino Cecchettin, definendola “strumentale”.
Una rinuncia che apre dibattiti etici e giudiziari
La decisione di Turetta riapre il dibattito sul valore del pentimento nelle strategie giudiziarie e sul peso della responsabilità personale. Mentre l’Appello della Procura si avvicina, la lettera del condannato porta una nuova prospettiva sul caso, confermando l’impatto emotivo e mediatico di uno dei processi più seguiti in Italia.
