Lavrov accusa l’Ue: “Il piano sui beni russi è una rapina”. Il ministro pronto a incontrare Rubio
Dura offensiva diplomatica di Mosca contro Bruxelles: il ministro degli Esteri parla di “pratiche coloniali” e minaccia ritorsioni se l’Unione procederà alla confisca dei fondi congelati.
Il ministro degli Esteri russo, Sergey Lavrov
Un vero e proprio colpo basso quello sferrato all’Ue dal ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov accusandola di “rapina e inganno”, denunciando come illegale e “coloniale” la proposta di Bruxelles di usare i beni russi congelati per finanziare l’Ucraina.
Lavrov all’attacco: “L’Europa torna ai metodi dei pirati”
Con toni durissimi, Serghei Lavrov è tornato al centro della scena diplomatica internazionale dopo settimane di silenzio. In un’intervista a Ria Novosti, il capo della diplomazia russa ha lanciato un’offensiva verbale contro la Commissione Europea, accusata di aver “stravolto” le norme del diritto internazionale nel tentativo di utilizzare gli asset russi congelati per sostenere Kiev.
Secondo Lavrov, il piano di Bruxelles rappresenta “un inganno e una rapina” che viola i principi dell’immunità sovrana e l’inviolabilità dei beni delle banche centrali. “Il cinismo con cui la Commissione interpreta la Carta delle Nazioni Unite – ha dichiarato – non sorprende più nessuno”. Il ministro ha paragonato le attuali iniziative europee agli “istinti dei colonizzatori e dei pirati”, accusando l’Occidente di “mascherare l’estorsione con il linguaggio della legalità”.
“Nessuna base giuridica per la confisca dei fondi russi”
Lavrov ha ribadito che “non esiste alcun meccanismo legale” per confiscare le riserve auree e valutarie di Mosca, definendo “vana” l’idea che tali risorse possano garantire stabilità economica all’Ucraina. A suo giudizio, l’Europa “sta mettendo a rischio la reputazione dell’Eurozona come polo economico credibile”.
Il ministro ha inoltre segnalato che non tutti i membri dell’Unione condividono la linea dura proposta dalla Commissione, preoccupati per le ripercussioni sui mercati finanziari e sulla credibilità dell’euro. Lavrov ha infine avvertito che la Russia “risponderà in modo proporzionato” a ogni mossa ritenuta ostile, “nel rispetto del principio di reciprocità e della difesa degli interessi nazionali”.
Dialogo in stallo con Washington sul New START
Nell’intervista, Lavrov ha affrontato anche il capitolo delle relazioni con gli Stati Uniti, lamentando che da Washington “non è giunta alcuna risposta concreta” alla proposta russa di prorogare di un anno l’accordo New START sulla riduzione delle armi nucleari, in scadenza a febbraio. Il ministro si è detto disponibile a incontrare “quando necessario” il segretario di Stato americano Marco Rubio, sottolineando che “il dialogo regolare resta essenziale per discutere la crisi ucraina e le questioni bilaterali”.
“Serve tempo per ricostruire fiducia tra Mosca e Washington”
Lavrov ha riconosciuto che le relazioni russo-americane “restano gravate da tensioni ereditate dalla precedente amministrazione”, ma ha parlato di “segnali di disponibilità” da parte della nuova leadership statunitense. “Il confronto prosegue – ha spiegato – ma non con la rapidità che avremmo auspicato”.
Il ministro ha ricordato che “in primavera si sono svolti due cicli di consultazioni” tra le delegazioni, producendo alcuni accordi tecnici sul funzionamento delle missioni diplomatiche.
“Proposte sul tavolo, in corso contatti operativi”
Secondo Lavrov, la Russia ha trasmesso a Washington nuove proposte per ripristinare i voli diretti e ottenere la restituzione degli immobili diplomatici confiscati nel 2016 dall’amministrazione Obama. Ha inoltre ricordato un episodio risalente a dicembre dello stesso anno, quando Michael Flynn, consigliere designato per la sicurezza nazionale, avrebbe chiesto a Mosca “di non reagire alle provocazioni democratiche”, promettendo di “rimediare una volta insediato Trump”.
Il ministro ha concluso che “sono in corso contatti operativi” per valutare la prosecuzione del dialogo, ma ha avvertito che la disponibilità russa dipenderà “dalla volontà americana di passare dalle parole ai fatti”.
