Prodi bacchetta Schlein: il centrosinistra rischia l’isolamento. Alleanza Pd-M5S: “Che non gli prenda la bertinottite”

Romano Prodi delinea al Corriere della Sera la ricetta per il centrosinistra: un riformismo concreto e senza radicalismi per costruire un’alternativa di governo credibile, a partire dall’esperienza delle governatrici democratiche Usa.
L’ex presidente del Consiglio individua nel “riformismo coraggioso, ma concreto” il modello da seguire, citando le vittorie delle due governatrici democratiche in Virginia e New Jersey. Prodi mette in guardia dai toni estremi: “Dobbiamo parlare di tasse, immigrazione, sanità con le parole giuste, senza un radicalismo che spaventa gli elettori”. La giustizia sociale, osserva, “è nel cuore della gente”, ma serve realismo sulla finanza pubblica. “Bisogna dire con onestà cosa si vuole realizzare, con quali risorse e a scapito di cosa, visto che non si può finanziare ogni progetto con le tasse”.
Il modello americano e la critica ai radicalismi
Sul piano interno, Prodi rivela una recente telefonata con la segretaria del Pd, Elly Schlein. “Le ho ribadito la mia preoccupazione: che una parte dell’elettorato si allontani per una lettura troppo ristretta della società”. Sull’opposizione, si mostra cauto: “I leader possono nascere. O farsi”. Giudica severamente l’esecutivo: “Meloni non ha realizzato nulla, la crescita stenta a livelli molto preoccupanti. La sua unica forza è la durata, per mancanza di alternativa”. Sugli sgravi fiscali della manovra è netto: “Aiutano i ricchi, non lo dico solo io, lo sostiene il Financial Times”.
Il confronto con Schlein e il giudizio sul governo
La possibile coalizione di centrosinistra è un altro nodo cruciale. “Auguriamoci che non gli prenda la bertinottite”, afferma Prodi, riferendosi al rischio di una frattura simile a quella con Rifondazione Comunista. “Uno tra Schlein e Conte dovrà riconoscere che l’altro ha vinto. Ma prima serve un modello di coalizione ampia”. Sulla patrimoniale, la sua posizione è tattica: “Parlarne oggi verrebbe interpretato come l’inizio di un’oppressione fiscale”. Conclude osservando con interesse le iniziative di Ernesto Maria Ruffini e quanto accaduto nel Pd milanese, segnali di un possibile riassetto del campo riformista.
