Avvocata di Stasi attacca Bruzzone: condanna influenzata dall’opinione pubblica

Giada Bocellari e Roberta Bruzzone

Giada Bocellari e Roberta Bruzzone

La difesa di Alberto Stasi sfida la criminologa Roberta Bruzzone in diretta Rai. L’avvocata Giada Bocellari ha mostrato la cartella clinica psichiatrica del condannato, autorizzandone la pubblicazione integrale per contestare le analisi sulla personalità.

Un fascicolo bianco brandito in studio segna il climax dello scontro televisivo. “Autorizzo la dottoressa Bruzzone a pubblicare tutta la cartella clinica di Alberto Stasi, con i dati sensibili”. La sfida lanciata dall’avvocata Giada Bocellari, legale del condannato per l’omicidio di Elena Ceste, ribalta il dibattito sul caso. Replica la criminologa: “Ho utilizzato solo quanto virgolettato dalla stampa”. Lo show di Milo Infante su Rai 2 diventa l’arena per una battaglia che supera i confini dello studio televisivo.

Il nodo della cartella clinica

Bocellari contesta punto per punto l’analisi di Bruzzone, basata su fotografie e video pornografici trovati nel computer di Stasi. “Mio assistito è in carcere dal 2015 e ha completato percorsi psicologici documentati – afferma l’avvocata – Quello che si è riportato era un piccolo passaggio con virgolette non attinte dalle relazioni ufficiali”. La mossa della difesa punta a smontare le fondamenta dell’interpretazione criminologica, giudicata costruita su elementi parziali.

Il peso del giudizio pubblico

“Alberto Stasi fu condannato prima dall’opinione pubblica. È arrivato in aula già condannato”. La legale individua nel processo mediatico una precondanna che ha influenzato le indagini. “L’errore più macroscopico degli inquirenti – ha sostenuto – è che si sono innamorati della tesi del fidanzato assassino e si sono fermati lì”. Una ricostruzione che sposta il confronto dalle prove tecniche alla percezione collettiva del caso.

Le repliche e il metodo d’indagine

“Se lei mi sta dicendo che i giornalisti hanno scritto cavolate, ne prendo atto”. Roberta Bruzzone respinge le critiche ricordando di aver attinto a fonti giornalistiche accreditate. La criminologa chiede chiarimenti sulla definizione di materiale “raccapricciante e violento” attribuita a un perito. Lo scontro evidenzia il problema delle fonti nel dibattito giudiziario mediatico.