Arresto cardiocircolatorio stronca Ornella Vanoni, una voce che ha attraversato generazioni

Ornella Vanoni è morta ieri alle 23 nella sua abitazione di Milano a causa di un arresto cardiocircolatorio; aveva 91 anni ed era attiva dal 1956, con oltre cento progetti pubblicati.
Le prime conferme sul decesso di Ornella Vanoni sono arrivate in tarda serata, dopo l’intervento dei sanitari risultato inutile. L’artista, nata a Milano il 22 settembre 1934, era considerata una delle interpreti più rilevanti della musica leggera italiana, con oltre 55 milioni di dischi venduti e una carriera tra le più longeve. Il Comune di Milano ha comunicato che la camera ardente sarà allestita al Piccolo Teatro Grassi, in via Rovello: sarà aperta domenica dalle 10 alle 14 e lunedì dalle 10 alle 13. Le autorità istituzionali hanno espresso cordoglio, tra cui il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che hanno sottolineato il contributo culturale dell’artista e il suo ruolo nella storia musicale nazionale.
Dalle telefonate private agli ultimi giorni di salute
Nelle ultime settimane Vanoni aveva confidato problemi fisici in una conversazione telefonica con il critico cinematografico Maurizio Porro, definendo “bruttissima” l’estate trascorsa in ospedale per il cuore. Aveva raccontato un dolore acuto alla schiena e la necessità di ricoverarsi in una clinica di Pavia. L’artista aveva mantenuto fino all’ultimo contatti costanti con amici e colleghi, confermando impegni televisivi per le settimane successive. Le sue parole più recenti, pubblicate dal Corriere della Sera, restituiscono la sensibilità e la lucidità di una figura ancora pienamente inserita nella vita culturale. Accanto a lei, nelle ore della scomparsa, era presente il figlio Cristiano Ardenzi.
Gli inizi dal teatro al cinema
Dopo gli studi in collegi all’estero, Vanoni intraprese un percorso artistico inizialmente legato al palcoscenico. L’incontro con Giorgio Strehler, alla fine degli anni ’50, fu decisivo: il regista intuì il suo talento interpretativo e la inserì nel Piccolo Teatro di Milano, guidandola nella formazione attoriale che avrebbe segnato tutta la sua carriera. Negli anni successivi partecipò a diverse produzioni cinematografiche, tra cui Romolo e Remo di Sergio Corbucci e Amori pericolosi di Carlo Lizzani, fino alle apparizioni recenti nei film Ma che bella sorpresa e 7 donne e un mistero di Alessandro Genovesi. Questa pratica attoriale, basata sul controllo del gesto e sulla cura della parola, divenne la cifra del suo stile anche nella musica.
La svolta delle “canzoni della mala” e l’affermazione come interprete
L’approdo alla musica avvenne attraverso il lavoro con Gino Negri e su impulso di Strehler, che la spinsero a interpretare le “canzoni della mala”. Brani come Ma mi e Le mantellate mostrarono la sua capacità di unire teatro e canto, trasformando materiali popolari in narrazioni raffinate. Negli anni ’60 arrivò poi la consacrazione pop, accompagnata dal sodalizio artistico e sentimentale con Gino Paoli: nacquero successi come Senza fine e L’appuntamento, brani che avrebbero definito un canone emotivo nella canzone italiana. Vanoni partecipò più volte al Festival di Sanremo, distinguendosi per stile, voce e presenza scenica, e collaborò con autori come Lucio Dalla, Fabrizio De André, Renato Zero e Riccardo Cocciante.
L’espansione internazionale e i progetti jazz
Negli anni ’70 Vanoni ampliò il proprio repertorio esplorando la musica brasiliana e il jazz. L’album La voglia, la pazzia, l’incoscienza, l’allegria del 1976, realizzato con Toquinho e Vinicius de Moraes, rimane uno dei suoi lavori più influenti, curato da Sergio Bardotti. La sua voce si misurò con arrangiamenti sofisticati e collaborazioni internazionali, tra cui quelle con Herbie Hancock, George Benson e Steve Gadd. La capacità di adattarsi a linguaggi musicali diversi consolidò la sua immagine di interprete globale, sensibile alle contaminazioni e alle sonorità cosmopolite.
Gli anni della maturità e le nuove generazioni
A partire dagli anni ’80 Vanoni continuò a registrare con regolarità, rinnovando repertori e collaborazioni. Nel 2008 pubblicò Più di me, progetto di duetti con artisti come Mina, Eros Ramazzotti e Claudio Baglioni. Il suo ritorno a Sanremo nel 2018 con Imparare ad amarsi, insieme a Pacifico e Bungaro, segnò l’ennesima conferma della sua centralità culturale. Negli ultimi anni aveva pubblicato Unica (2021) e Diverse (2024), rilettura moderna dei suoi successi. Le sue apparizioni televisive e la sua presenza sui social media l’avevano resa un punto di riferimento anche per il pubblico più giovane, grazie a una naturale combinazione di ironia, rigore e spontaneità.
La vita privata tra passioni, scelte difficili e rapporti familiari
La vita sentimentale di Vanoni fu segnata da legami intensi, come quello con Giorgio Strehler e quello con Gino Paoli, con cui mantenne un sodalizio artistico durato decenni. Nel 1960 sposò l’impresario Lucio Ardenzi, da cui ebbe il figlio Cristiano, prima di separarsi due anni dopo. L’artista parlò spesso delle difficoltà nel conciliare carriera e maternità, descrivendo un rapporto complesso ma profondo con il figlio e un forte legame con i nipoti Matteo e Camilla. Negli anni successivi ebbe altri amori, tra cui quelli con Danilo Sabatini e con il manager Vittorio Usigli.
Le reazioni del mondo della musica e l’omaggio del pubblico
La scomparsa di Vanoni ha suscitato numerose reazioni. Iva Zanicchi ha ricordato la loro amicizia e i consigli reciproci; Cesare Cremonini ha evocato una notte a Venezia; Orietta Berti ha parlato dei progetti imminenti che l’artista stava preparando, compreso un nuovo brano con Gino Paoli. Cristiano Malgioglio ha definito Vanoni una delle voci più straordinarie della musica italiana, sottolineando la sua capacità narrativa. Sui social sono stati condivisi messaggi di affetto da parte di artisti e cittadini. Un vicino ha raccontato la sua vitalità quotidiana, ricordando come spesso cantasse a tarda sera e mantenesse un rapporto cordiale con il quartiere.
