400 vittime nel naufragio a largo della Libia. Parlano i superstiti

“Nei pressi di Tripoli abbiamo vissuto per 4 mesi in una fabbrica di sardine. Eravamo più di 1000 persone. Mangiavamo una sola volta al giorno e non potevamo fare nulla. Se qualcuno parlava con un amico o un vicino, veniva picchiato. Tutto questo per estorcere altri soldi. Ti facevano chiamare a casa, dicendo che stavi per morire, e nel frattempo ti picchiavano così i tuoi familiari sentivano le tue urla”, racconta Bherane, di 17 anni. Secondo Save the Children, il crescente numero dei morti in mare pone, non solo all’Italia, ma a tutta l’Unione Europea e ai suoi Membri, il dovere di rispondere con un sistema di ricerca e soccorso in mare capace di far fronte a questa situazione che è destinata a peggiorare ulteriormente nei prossimi mesi. L’elevata e costante presenza negli sbarchi di minori soli non accompagnati impone la necessità di contare su un adeguato sistema di accoglienza. Ad oggi, tale sistema non esiste, ed inoltre anche il sistema di prima accoglienza, con 10 nuove strutture individuate dal Ministero dell’Interno, non è utilizzato in modo sistematico e mancano procedure chiare e condivise per il trasferimento dei minori.
