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Accordo Israele-Hamas, Trump: “Grande vittoria per la pace”. Meloni: lavoro straordinario degli Usa

In un colpo di scena diplomatico che potrebbe ridisegnare il Medio Oriente, Israele e Hamas hanno raggiunto un’intesa per un cessate il fuoco immediato e lo scambio di 48 ostaggi israeliani con 1.950 prigionieri palestinesi, aprendo la porta a massicci aiuti umanitari nella Striscia di Gaza. L’accordo, siglato sotto l’egida di mediatori egiziani, qatarioti e turchi, rappresenta la prima fase del piano di pace in 20 punti proposto dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump, motivato dalla necessità di porre fine a un conflitto che ha causato migliaia di vittime dal 7 ottobre 2023.

Ostaggi e aiuti umanitari

I negoziati, protrattisi per giorni a Sharm el-Sheikh, località sul Mar Rosso, hanno visto le parti cedere su punti cruciali: Hamas libererà tutti gli ostaggi ancora in suo possesso, inclusi civili e militari, in cambio del rilascio di detenuti palestinesi, tra cui 250 con condanne a lungo termine e 1.700 arrestati durante le operazioni militari israeliane. Parallelamente, centinaia di camion carichi di aiuti umanitari – cibo, medicine e materiali di prima necessità – entreranno a Gaza, alleviando una crisi umanitaria che ha lasciato la popolazione sull’orlo della fame.

La reazione nella Striscia è stata un misto di euforia e prudenza: folle di palestinesi hanno festeggiato nelle strade di Gaza City, ma leader locali avvertono che si tratta solo di un primo passo. “È un sollievo, ma la vera pace richiede garanzie”, ha detto un residente anonimo, mentre Hamas ha rivendicato “garanzie scritte” da parte degli Stati Uniti che “la guerra è completamente finita”.

Trump esulta: “Un grande giorno per la pace”

Donald Trump, artefice del piano che ha sbloccato l’impasse, ha definito l’intesa “un grande giorno” in un intervento a caldo dalla Casa Bianca. “Ringraziamo i mediatori del Qatar, Egitto e Turchia, che hanno collaborato con noi per questo evento storico e senza precedenti”, ha aggiunto il presidente, la cui mediazione personale è stata decisiva nel convincere entrambe le parti. Tuttavia, l’accordo non è ancora operativo. Il cessate il fuoco scatterà entro 24 ore dalla ratifica del governo israeliano, prevista dopo due riunioni cruciali: quella del Gabinetto di sicurezza e quella del governo intero.

Ritardi significativi hanno già accumulato, dovuti a dispute sull’elenco dei prigionieri palestinesi da liberare. Il ministro dell’Economia Bezalel Smotrich, esponente dell’estrema destra, ha minacciato di opporsi: “Immensa gioia per il ritorno degli ostaggi, ma grande paura per le conseguenze dello svuotamento delle prigioni e del rilascio della prossima generazione di leader del terrore”.

Nel frattempo, le armi non tacciono: l’Idf ha segnalato esplosioni nel nord di Gaza, mirate a “obiettivi che costituivano minacce immediate”. Il ministro degli Esteri israeliano Gideon Saar, intervistato da Fox News, ha espresso ottimismo cauto: “Non abbiamo intenzione di rinnovare la guerra, e credo che questo porti alla fine del conflitto”. Ha però precisato che “parte degli impegni include il disarmo di Hamas”, un punto spinoso ancora irrisolto.

Aiuti pronti, ma la strada per la pace è in salita

L’Onu ha annunciato che 170.000 tonnellate di aiuti sono pronte per essere inviate a Gaza, in attesa solo del via libera definitivo. Le tempistiche sono state delineate dalla portavoce del governo Netanyahu, Shosh Bedrosian: “Entro 24 ore dalla riunione del gabinetto, inizierà il cessate il fuoco; Hamas avrà 72 ore per rilasciare gli ostaggi, portandoci a lunedì”.

Trump ha confermato che la liberazione è prevista per “lunedì o martedì”, e ha svelato i suoi piani: “Abbiamo in programma di partire domenica per il Medio Oriente. Non vedo l’ora di essere lì”. Tra i dettagli dello scambio, spicca l’esclusione di Marwan Barghouti, il carismatico leader palestinese noto come “il Mandela palestinese”. Arrestato nel 2002 e condannato a cinque ergastoli per aver pianificato attacchi durante la seconda Intifada, Barghouti è considerato il successore naturale del presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese Mahmoud Abbas.

“Al momento, non farà parte di questo rilascio”, ha chiarito Bedrosian, alimentando speculazioni su future negoziazioni. Punti aperti rimangono il disarmo di Hamas, la governance post-conflitto di Gaza e il ritiro parziale dell’Idf dalla Striscia – solo una frazione delle truppe lascerà inizialmente il territorio. Queste questioni, centrali nel piano Trump, saranno affrontate nelle fasi successive, con il rischio di nuovi stalli.

Reazioni internazionali: speranza e mobilitazione

Nelle capitali globali, prevale un ottimismo temperato dalla storia di accordi falliti. A Parigi, i ministri degli Esteri del formato E4 (Italia, Francia, Germania e Regno Unito), del Quintetto Arabo (Egitto, Giordania, Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita e Qatar) e altri partner internazionali si riuniranno per discutere il “dopo”: stabilizzazione, ricostruzione, ruolo dell’Onu e unificazione della Palestina.

L’Italia ha accolto l’intesa con entusiasmo. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha definito “straordinaria” la notizia giunta nelle ultime ore, sottolineando come si tratti di “un giorno storico”. Meloni ha attribuito particolare merito al presidente Donald Trump per il ruolo svolto nel processo, ma ha voluto ringraziare anche i numerosi mediatori internazionali che hanno contribuito al risultato: “Il principe del Qatar, con cui ho parlato anche ieri sera, il presidente egiziano Al Sisi e il presidente turco Erdogan. È stato un lavoro di squadra estremamente prezioso che ci consente oggi di iniziare una fase nuova”.

La premier ha poi evidenziato come si sia entrati nella prima fase di un piano di pace “lungo e complesso”, che richiederà il sostegno della comunità internazionale. “Penso davvero che sia un nuovo inizio”, ha concluso. Il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha aggiunto: “L’Italia, che ha sempre sostenuto il piano statunitense, è pronta a consolidare il cessate il fuoco, a inviare nuovi aiuti umanitari e a partecipare alla ricostruzione. Pronti anche a inviare militari per una forza internazionale di pace”.

A Tel Aviv, l’annuncio ha scatenato celebrazioni spontanee: ex ostaggi e familiari si sono radunati in piazza, tra lacrime e abbracci. “Non ho parole per descriverlo”, ha confessato Omer Shem-Tov, un ex prigioniero liberato in fasi precedenti. Se attuato pienamente, questo accordo potrebbe non solo fermare le ostilità, ma ridisegnare gli equilibri regionali, ponendo le basi per una pace duratura dopo mesi di sangue e distruzione.

Pubblicato da
Eleonora Fabbri