Si è spenta a Nemours, nei pressi di Parigi, Claudia Cardinale, l’attrice italiana che ha incarnato per oltre sessant’anni la sensualità e l’eleganza del cinema europeo. Aveva 87 anni. Con la sua scomparsa, avvenuta circondata dai figli nella sua residenza francese, si chiude un’epoca irripetibile della settima arte. Nata Claude Joséphine Rose Cardinale il 15 aprile 1938 a Tunisi da genitori di origine siciliana, crebbe in un ambiente multiculturale che ne segnò profondamente l’identità. Figlia di un ferroviere e di una madre insegnante, non sognava il cinema, eppure il destino le riservò un posto d’onore nella storia del grande schermo.
La sua carriera iniziò quasi per caso nel 1957, quando a diciannove anni venne eletta “la più bella italiana di Tunisi” durante una manifestazione organizzata dall’Unitalia Film. Il premio, un viaggio alla Mostra del Cinema di Venezia, le aprì le porte del mondo cinematografico. Dopo un breve passaggio al Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma, venne scritturata dalla Vides Cinematografica di Franco Cristaldi, produttore e futuro marito.
Il debutto cinematografico arrivò nel 1958 con “I soliti ignoti” di Mario Monicelli, dove interpretò un piccolo ruolo accanto a Vittorio Gassman e Totò. Nello stesso anno partecipò a “Tre straniere a Roma” di Claudio Gora e al film tunisino-francese “Goha” di Jacques Baratier, presentato al Festival di Cannes.
Tra il 1959 e il 1960, Cardinale recitò sotto la direzione dei più importanti autori del cinema italiano: Pietro Germi in “Un maledetto imbroglio”, Luigi Zampa in “Il magistrato”, Nanni Loy in “Audace colpo dei soliti ignoti”. Ma fu nel 1960 che ottenne i ruoli che la consacrarono: protagonista in “Rocco e i suoi fratelli” di Luchino Visconti, dove interpretò una prostituta fragile e dolente accanto ad Alain Delon, e in “Il bell’Antonio” di Mauro Bolognini con Marcello Mastroianni.
“La ragazza con la valigia” del 1961, sempre di Valerio Zurlini, le valse il primo David di Donatello. Nel ruolo di Aida, una ballerina sbandata dal passato incerto, dimostrò di essere un’attrice capace di affrontare personaggi complessi, intrisi di malinconia e verità. Il 1963 segnò l’anno della definitiva consacrazione internazionale. Federico Fellini la volle nel visionario “8½”, dove Claudia incarnò la donna ideale, simbolo del desiderio per il protagonista. Nello stesso anno fu l’indimenticabile Angelica Sedara ne “Il Gattopardo” di Visconti, accanto a Burt Lancaster e Alain Delon, e Mara in “La ragazza di Bube” di Luigi Comencini, interpretazione che le fruttò il Nastro d’Argento.
Nel 1968 Sergio Leone la diresse in “C’era una volta il West”, dove prestò il volto a Jill McBain, donna forte e misteriosa che restò nella storia del cinema. Il western epico, con la colonna sonora di Ennio Morricone, consolidò la sua fama mondiale. Gli anni Settanta videro Cardinale affrontare nuove sfide, interpretando figure femminili emancipate e autonome. Fu una rivoluzionaria antifascista in “Libera, amore mio!” di Mauro Bolognini e tornò con Visconti in “Gruppo di famiglia in un interno”, in una parte intensa e malinconica. Nel 1971 recitò con Brigitte Bardot in “Le pétroleuses”, simbolica contrapposizione di due femminilità leggendarie.
Negli anni Ottanta, pur meno presente nel grande cinema italiano, si distinse in ruoli difficili come Claretta Petacci nel discusso “Claretta” di Pasquale Squitieri, che le valse un altro Nastro d’Argento. Memorabile anche la sua interpretazione in “La pelle” di Liliana Cavani accanto a Marcello Mastroianni e in “La storia” di Luigi Comencini per la televisione, nel ruolo struggente di Ida.
Accanto al cinema italiano, Cardinale lavorò con grandi registi stranieri: Blake Edwards in “The Pink Panther”, Richard Brooks in “The Professionals”, Mikhail Kalatozov in “La tenda rossa”, Werner Herzog in “Fitzcarraldo”. Negli anni Novanta continuò la sua attività artistica con “588, rue Paradis” di Henri Verneuil, dimostrando un’energia creativa ininterrotta per oltre sei decenni.
Simbolo di emancipazione femminile, ha sempre rivendicato l’uso della propria voce roca rifiutando il doppiaggio e scegliendo ruoli che rappresentassero donne forti e complesse. Il suo femminismo concreto e mai urlato la rese un punto di riferimento per generazioni di spettatrici.
L’attrice ha ottenuto numerosi riconoscimenti: cinque David di Donatello, cinque Nastri d’argento, tre Globi d’oro, il Leone d’oro alla carriera alla Mostra di Venezia nel 1993, l’Orso d’oro alla carriera al Festival di Berlino, il Premio Lumière e il Premio Flaiano.
“Ci lascia l’eredità di una donna libera e ispirata sia nel suo percorso di donna che di artista”, ha dichiarato il suo agente Laurent Savry. Con Claudia Cardinale si spegne una delle ultime grandi leggende del cinema europeo, un’artista che ha saputo unire fascino mediterraneo, carisma naturale e una carriera che continuerà a brillare nella memoria collettiva.