È morto a Milano, all’età di 94 anni, Giorgio Forattini, il vignettista che con oltre 14mila disegni ha raccontato mezzo secolo di politica italiana, trasformando la satira in un linguaggio di cronaca.
Con la scomparsa di Giorgio Forattini, si chiude un capitolo fondamentale della satira italiana. Nato a Roma nel 1931, ha attraversato da protagonista l’intera storia della Repubblica, traducendo in immagini i passaggi cruciali della vita politica e civile. Collaboratore di Panorama, La Repubblica, La Stampa, Il Giornale e QN, Forattini ha saputo costruire una forma di giornalismo visivo, dove il disegno sostituiva il titolo e la battuta diventava notizia.
La sua prima vignetta, nel 1974, accompagnò la vittoria dei “no” al referendum sul divorzio: una bottiglia di spumante etichettata “NO” che lanciava in aria un tappo con il volto di Amintore Fanfani. Quel tratto ironico e immediato divenne il suo marchio.
Forattini ha immortalato con sarcasmo Giulio Andreotti, Bettino Craxi, Giovanni Spadolini, Enrico Berlinguer e Massimo D’Alema, trasformandoli in figure simboliche della scena pubblica. Le sue tavole non risparmiavano nessuno: Andreotti “il multiforme”, Craxi in camicia nera, D’Alema ritratto come “Hitler comunista”.
Nel 2008 ricordava di essere stato querelato venti volte solo da esponenti della sinistra. La causa più clamorosa fu quella di D’Alema, che chiese tre miliardi di lire per la vignetta sul caso Mitrokin. Quell’episodio segnò la fine del rapporto con La Repubblica e il passaggio a La Stampa grazie a un’offerta diretta dell’Avvocato Agnelli.
“Il principio della libertà e del divertimento” era la regola che Forattini riconosceva alla base del suo lavoro. Si considerava un cronista più che un caricaturista: “Ho raccontato la politica, non l’ho mai commentata”, spiegava.
Accanto alla satira più tagliente, firmò immagini di grande impatto emotivo, come la vignetta dedicata a Leon Klinghoffer, il turista disabile ucciso durante il sequestro dell’Achille Lauro, o la Sicilia a forma di coccodrillo in lacrime per la morte di Giovanni Falcone. Segni che, da soli, seppero raccontare il dolore collettivo del Paese.
Prima di approdare alla grafica, Forattini aveva lavorato come operaio, rappresentante di commercio e direttore commerciale in una casa discografica. Scoprì la vignetta a quarant’anni, iniziando su Paese Sera e passando poi alle principali testate nazionali.
Ha raccolto il suo lavoro in oltre sessanta volumi, per un totale di più di tre milioni di copie vendute. Quando gli chiedevano se avesse mai commesso errori, rispondeva: “Nessuno”. Solo in un’intervista più tardi ammise di essersi pentito della vignetta sul suicidio di Raul Gardini. “Non sono mai stato di sinistra, né di destra”, amava ripetere. “Sono sempre stato un liberal e un uomo libero”.
I funerali di Giorgio Forattini si terranno domani, giovedì alle 11, nella chiesa di Santa Francesca Romana a Milano, nel quartiere di Porta Venezia, dove viveva da anni. Sarà l’occasione per ricordare non solo il disegnatore, ma il giornalista che ha saputo coniugare umorismo e libertà d’espressione. Giulio Andreotti, una volta, sintetizzò così il suo ruolo: “Che posso dire di Forattini? È lui che mi ha inventato”.