Cultura e Spettacolo

Addio a Pippo Baudo, camera ardente al Teatro delle Vittorie e funerali nella sua Militello

Si è spento sabato sera alle 20, all’ospedale Campus Biomedico di Roma, Giuseppe Baudo, universalmente conosciuto come Pippo: 89 anni, 13 Festival di Sanremo condotti, una carriera lunga sessant’anni che ha ridefinito i canoni dell’intrattenimento televisivo italiano. Con lui se ne va non solo un conduttore, ma l’architetto stesso del piccolo schermo nazionale, l’uomo che ha trasformato la televisione da semplice mezzo di comunicazione a fenomeno culturale di massa.

La notizia della sua scomparsa ha scatenato un’ondata di commozione che ha attraversato il mondo dello spettacolo e della politica. Il presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha reso omaggio al “protagonista della storia della televisione italiana”, mentre i vertici Rai hanno parlato di un “vuoto incolmabile” nel patrimonio culturale del Paese.

Circondato dagli affetti più cari e confortato dai sacramenti, Baudo ha concluso la sua esistenza terrena nello stesso stile con cui aveva condotto la sua carriera: con dignità, eleganza e discrezione. I funerali si terranno mercoledì nel Santuario Madonna della Stella a Militello in Val di Catania, suo paese natale, e saranno trasmessi in diretta su Rai1, ultimo tributo televisivo per l’uomo che della televisione è stato il re incontrastato.

Il cordoglio di una nazione

All’esterno del Campus Biomedico di Roma si è radunata una piccola ma significativa folla di ammiratori, testimonianza dell’affetto popolare che ha sempre circondato la figura di Baudo. “La televisione l’ha creata lui”, racconta una donna tra la folla, sintetizzando in poche parole il sentimento collettivo. “Ha inventato un linguaggio e un modo nuovo di raccontare”.

Le parole di chi lo ha conosciuto restituiscono il ritratto di un professionista senza pari e di un uomo generoso. Fabio Fazio lo ricorda come colui che “ha costruito la televisione, ne ha inventato la grammatica”, mentre Carlo Conti sottolinea come “ha inventato Sanremo, lo facciamo ancora oggi come ce lo ha insegnato lui”.

Particolarmente toccante il ricordo di Mara Venier, che da lui ha ereditato il testimone di Domenica In: “Gli devo molto, per il lavoro e per i consigli. Non ha mai avuto paura di niente, mi ha insegnato quello che so. Era un uomo libero e lo è sempre stato”. Le sue parole, pronunciate con la voce rotta dall’emozione, restituiscono l’immagine di un maestro che ha saputo trasmettere non solo competenze tecniche, ma soprattutto valori umani e professionali.

L’eredità di un pioniere

Nato a Militello in Val di Catania il 7 giugno 1936, Pippo Baudo ha attraversato oltre mezzo secolo di storia televisiva italiana, diventandone protagonista assoluto. La sua ascesa inizia negli anni Settanta con programmi come Settevoci e Canzonissima, ma è con Domenica In (1979-1985 e 1991-1992) che conquista definitivamente il cuore degli italiani, trasformando il pomeriggio domenicale in un appuntamento irrinunciabile.

Il Festival di Sanremo rappresenta il suo capolavoro artistico: tredici edizioni condotte con stili sempre diversi, ognuna caratterizzata da una personalità unica. Dal 1968 al 2008, Baudo ha saputo reinventare continuamente la kermesse canora, rendendola specchio dei cambiamenti sociali e culturali del Paese. La sua capacità di scoprire e lanciare nuovi talenti è leggendaria: da Albano e Romina Power, che con lui vinsero nel 1984, fino alle nuove generazioni di artisti che hanno trovato in lui un mentore prezioso.

Il rivoluzionario del linguaggio televisivo

La grandezza di Baudo non risiede solo nei numeri impressionanti della sua carriera – oltre cento trasmissioni televisive, molte delle quali diventate iconiche – ma nella capacità visionaria di intuire e plasmare l’evoluzione del medium televisivo. Ha saputo nobilitare il concetto di “nazionalpopolare”, traducendolo in un linguaggio immediato e comprensibile senza mai cedere alla volgarità o al sensazionalismo facile.

“È stato un inventore di televisione”, hanno dichiarato i vertici Rai, e l’affermazione coglie nel segno. Baudo non si è limitato a condurre programmi: li ha pensati, progettati, rivoluzionati. La sua televisione era colta ma accessibile, raffinata ma popolare, seria ma divertente. Un equilibrio difficilissimo che solo i grandi riescono a mantenere per decenni.

Il suo approccio professionale era meticoloso: come racconta Ricky Tognazzi, “era imperativo che vedesse prima il film che stavi promuovendo. Non lasciava nulla al caso ma proprio per questo era pronto all’improvvisazione”. Questa preparazione maniacale, unita a un carisma naturale e a una cultura vastissima, lo rendeva unico nel panorama televisivo nazionale e internazionale.

L’ultimo saluto e la programmazione speciale

La Rai ha annunciato che la camera ardente sarà allestita al Teatro delle Vittorie di Roma, aperta al pubblico dalle 10 alle 20 di lunedì 18 agosto e dalle 10 alle 15 di martedì 19 agosto. Un gesto simbolico che permetterà a migliaia di persone di rendere omaggio all’uomo che ha accompagnato le loro domeniche e le loro serate per generazioni intere.

La programmazione televisiva è stata rivoluzionata per onorare la memoria del maestro. Speciali del Tg1, puntate dedicate di Techetecetè, la ritrasmissione dell’ultima intervista realizzata da Pierluigi Diaco: la televisione pubblica si ferma per ricordare colui che l’ha resa grande. Un tributo doveroso per chi ha dedicato la vita a costruire il patrimonio audiovisivo del Paese.

Il vicecapogruppo di Fratelli d’Italia Alfredo Antoniozzi ha chiesto un minuto di silenzio nella prima giornata di campionato: “L’importanza di Baudo nella comunità nazionale, la commozione generale ne fanno un personaggio di primissimo rilievo della nostra cultura”. Una proposta che testimonia come la sua figura travalichi i confini dello spettacolo per diventare patrimonio collettivo della nazione.

I ricordi degli artisti

Le testimonianze di chi ha lavorato con Baudo restituiscono il ritratto di un professionista esigente ma generoso, capace di tirare fuori il meglio da ogni artista. Gianluca Grignani ricorda come “fu lui che sentì per la prima volta ‘La mia storia tra le dita’ e previde per questa mia prima canzone un grande futuro”, mentre Jovanotti lo definisce “un gigante nel fare spettacolo e un uomo splendido colto, affettuoso, generoso”.

Albano Carrisi, che con Baudo visse il trionfo sanremese del 1984, non nasconde l’emozione: “Lui è stato il tutto per me. Ci sono tanti ricordi personali con lui, dovrei dirne un’infinità”. Parole che testimoniano non solo la stima professionale, ma un affetto sincero e profondo.

Anche Barbara D’Urso, lanciata proprio da Baudo negli anni Ottanta, riconosce il suo debito: “Il mio esordio su Rai 1 è stato nel 1980, a Domenica In. Avevo 22 anni e Pippo ha iniziato a darmi tantissimo spazio, mi faceva presentare i cantanti e io lo osservavo come una spugna”. Un metodo, quello di Baudo, basato sulla fiducia nei giovani talenti e sulla capacità di farli crescere gradualmente.

Un’eredità indelebile

L’ultima apparizione pubblica di Pippo Baudo risaliva alla festa per i 90 anni di Pierfrancesco Pingitore, dove era apparso in sedia a rotelle ma sorridente. Un’immagine che racchiude tutto il suo spirito: la fragilità dell’età avanzata superata dalla forza di carattere e dall’amore per la vita e per gli amici.

Nel 2021 era stato insignito del titolo di Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana, riconoscimento che suggellava ufficialmente il suo contributo eccezionale alla cultura nazionale. Un onore meritato per chi ha saputo elevare l’intrattenimento televisivo a forma d’arte, mantenendo sempre alta l’asticella della qualità.

La sua autobiografia “Ecco a voi. Una storia italiana”, scritta nel 2018 con Paolo Conti, rappresenta un documento prezioso per comprendere non solo la sua vicenda personale, ma l’evoluzione stessa del costume italiano attraverso lo specchio della televisione. Pagine che raccontano l’Italia che cambia, vista dall’osservatorio privilegiato del piccolo schermo.

Il vuoto di un’epoca

“Da oggi la Rai è un po’ più povera”, hanno dichiarato i vertici dell’azienda pubblica, “ma ciò che ci hai lasciato resta un’immensa ricchezza”. Parole che sintetizzano perfettamente il senso di una perdita che va oltre la dimensione personale per assumere caratteri storici e culturali.

Con Pippo Baudo se ne va l’ultimo rappresentante di una televisione che sapeva essere popolare senza essere populista, intrattenere senza banalizzare, emozionare senza manipolare. La sua lezione resta attuale in un’epoca in cui il mezzo televisivo deve confrontarsi con nuove sfide e nuovi linguaggi: l’esempio di un professionista che ha saputo innovare restando fedele ai valori fondamentali della comunicazione.

Il silenzio che ora avvolge gli studi televisivi dove per decenni ha risuonato la sua voce inconfondibile non è vuoto, ma gravido di memoria e di insegnamenti. Pippo Baudo non è solo morto: è diventato immortale, come accade ai grandi maestri la cui opera sopravvive al tempo e alle mode.

La televisione italiana oggi è orfana, ma ricca di un’eredità che continuerà a dare frutti per le generazioni future. “Ecco a voi”, diceva sempre presentando i suoi ospiti. Oggi siamo noi a dire “ecco a te, Pippo”, nell’ultimo, commosso saluto al re della televisione italiana.

Pubblicato da
Giuseppe Novelli