Tom Stoppard
88 anni di rivoluzione teatrale si sono conclusi: Sir Tom Stoppard, il drammaturgo e sceneggiatore di origine ceca vincitore di un Oscar e di innumerevoli premi, è morto serenamente nella sua casa nel Dorset, ieri sera, circondato dalla famiglia, come confermato dall’agenzia United Agents. La notizia della scomparsa di Stoppard, una delle figure letterarie più significative del Novecento, ha lasciato un vuoto incolmabile nel mondo della cultura globale. La sua influenza si estende dal teatro d’avanguardia al cinema popolare, avendo saputo infondere in ogni sua opera una miscela unica di acume filosofico, humour sofisticato e una profonda umanità.
United Agents ha voluto sottolineare che Stoppard “sarà ricordato per le sue opere, per la loro arguzia e umanità, e per il suo ingegno, la sua irriverenza, la sua generosità d’animo e il suo profondo amore per la lingua inglese”. La sua opera Rosencrantz e Guildenstern sono morti, presentata per la prima volta nel 1966, lo elevò istantaneamente a maestro: la tragicommedia surreale prendeva i due personaggi minori dell’Amleto shakespeariano e li poneva al centro di una riflessione esistenziale sull’assurdo e il libero arbitrio.
Nato Tomáš Sträussler a Zlín, Cecoslovacchia, nel 1937, Stoppard visse un’infanzia strappata alla quiete dall’ombra del nazismo. La sua famiglia, ebrea non praticante, fu costretta a una drammatica fuga, prima a Singapore, poi in India, dove il padre morì. L’arrivo in Gran Bretagna nel 1946 e il successivo matrimonio della madre con il maggiore britannico Kenneth Stoppard non solo gli fornirono un nuovo cognome, ma forgiarono l’identità intellettuale e linguistica che avrebbe caratterizzato tutta la sua carriera.
Passato dal giornalismo come cronista e critico teatrale a Bristol, Stoppard ha affinato quella precisione verbale e quell’orecchio per il dialogo che sono diventati il suo marchio di fabbrica. Questa traiettoria, dalla Cecoslovacchia all’investitura a Cavaliere (Sir) nel 1997 per i servizi alla letteratura, è l’emblema di un’integrazione culturale unica.
La sua capacità di spaziare tra generi e media è stata ineguagliabile. Nel teatro, opere come I mostri sacri (1974), The Real Thing (1982) e Arcadia (1993) hanno continuato a esplorare temi complessi come la scienza, la storia, l’amore e la matematica, sempre con una brillantezza linguistica che sfida il pubblico. Parallelamente, Stoppard ha trovato un notevole successo a Hollywood, diventando un “aggiustatore” di sceneggiature di lusso e, infine, un vincitore. Oltre al trionfo nel 1999 con Shakespeare In Love, sceneggiato in collaborazione con Marc Norman, Stoppard ha prestato il suo ingegno a film epocali.
In particolare, è co-autore non accreditato di dialoghi cruciali in Brazil di Terry Gilliam e ha contribuito alla scrittura dei film di Steven Spielberg L’Impero del Sole e Indiana Jones e l’ultima crociata. Questa versatilità dimostra come il suo genio non fosse confinato al solo palcoscenico: la sua unica opera da regista, l’adattamento cinematografico di Rosencrantz e Guildenstern sono morti del 1990, fu premiata con il Leone d’Oro alla Mostra del cinema di Venezia.
La sua arte non fu mai disgiunta da un profondo senso di responsabilità civile. Negli anni Settanta, Sir Tom Stoppard fu un instancabile difensore dei diritti umani, viaggiando in Cecoslovacchia e in Unione Sovietica come membro di Amnesty International. Incontrò e sostenne apertamente dissidenti di spicco come Václav Havel e Vladimir Bukovsky, denunciando le violazioni politiche e culturali dei regimi comunisti attraverso articoli pubblicati su riviste internazionali.
Questo impegno etico si riflette in diverse sue opere, come Ogni bravo ragazzo merita un favore (1977) e The Coast of Utopia (2002). La sua ultima opera teatrale di rilievo, Leopoldstadt (2020), ha rappresentato un commovente ritorno alle sue radici, un dramma dedicato alla memoria della sua famiglia ebraica sterminata nell’Olocausto, completando un cerchio artistico e personale lungo ottant’anni. I numerosi riconoscimenti includono anche dottorati honoris causa da istituzioni prestigiose come Oxford, Cambridge e Yale, a conferma del suo impatto duraturo.